L’avventura di Nippon Kōgaku Kōgyō Kabushikigaisha ebbe inizio il 25 luglio 1917, quando la fusione di tre officine ottiche indipendenti generò una realtà capace di concentrare in un’unica struttura competenze di molatura del vetro, controllo dimensionale e progettazione ottica avanzata. La fusione incluse un’azienda operativa dal 1881, specializzata nella realizzazione di obiettivi acromatici per telescopi terrestri e binocoli. La neonata società, nata all’interno del keiretsu Mitsubishi, acquisì sin da subito commesse governative per proiettori cinematografici e strumenti di misura destinati a laboratori universitari, trauma‐point di sperimentazioni sulle dispersioni cromatiche e sui rivestimenti antiriflesso.
Durante i primi anni Venti, l’azienda avviò un programma interno di ricerca volto a ridurre al minimo l’aberrazione sferica nei suoi obiettivi, definendo tolleranze di molatura al centesimo di millimetro e sviluppando manualmente contromisure tramite la distribuzione calibrata di elementi a bassa dispersione. Nel 1932 fu registrato il marchio NIKKOR, acronimo di “Nippon Kōgaku Rensa” (ottica di precisione), riservato alle ottiche fotografiche, mentre la produzione destinata all’industria cinematografica migrò verso schemi Gauss modificati e otturatori Ruinart per pellicole 35 mm .
Nel corso degli anni Trenta Nippon Kōgaku intensificò i controlli di qualità applicando test di resistenza termica e vibrazioni ai suoi sistemi ottici, ereditando procedure dall’industria aeronautica nazionale. L’adozione di nuove leghe leggere per i telai e di tempistiche di polimerizzazione controllata per i rivestimenti antiriflesso perfezionò la resa del contrasto e ridusse la tendenza ai flare in condizioni di forte controluce, proprietà che avrebbero costituito la base per la futura eccellenza delle ottiche NIKKOR.
Con l’inizio della seconda guerra mondiale, l’azienda fu coinvolta nella produzione di componenti ottici per il conflitto, realizzando periscopi per carri armati, prismi per cannoni antiaerei e ottiche per sistemi di puntamento, frutto di progetti affidati da commissioni militari che imponevano controlli su materiali e finiture entro margini di errore inferiori a 2 μm. Terminato il conflitto, la trasformazione del know-how bellico in prodotti destinati al mercato civile rappresentò la sfida successiva: restituire all’industria fotografica l’esperienza pratica acquisita sui banchi ottici di precisione.
L’anno 1946 vide la nascita del marchio Nikon, coniato dall’unione di “NIppon” e “KOgaku N”, inizialmente destinato alle piccole telemetrie e agli strumenti di misura di alta gamma, ma destinato ben presto a identificare i futuri corpi macchina . L’adozione di questo marchio aprì la strada a un rinnovato posizionamento sul mercato globale, dove l’assenza di una cultura locale della fotografia industriale venne colmata dalla reputazione di rigore e precisione che contraddistingueva i prodotti Nippon Kōgaku.
Dal Nikon I al Nikon S: i primi rangefinder di precisione (1948–1958)
L’eredità tecnica maturata viene sfruttata appieno nel 1948, anno in cui debuttò il Nikon I, un corpo macchina 24×32 mm a telemetro meccanico, realizzato con un otturatore a tendina verticale in lamelle d’acciaio, capace di raggiungere 1/1000 di secondo grazie a molle a spirale temprate e a un bilanciamento dei pesi in movimento studiato con calcoli di dinamica meccanica. Il Nikon I montava in kit il primissimo obiettivo NIKKOR (etichettato NIKKOR-C) 5 cm f/3.5, un tripletto acromatico con vetri scelti per minimizzare le aberrazioni cromatiche laterali e con montatura rotante per la regolazione diottrica.
La resa ottica fu sottoposta a test statici su lastre campione sensibili a base di gelatina, misurando la risoluzione al centro e ai bordi del fotogramma con griglie di Ronchi. Un collaudo di 100 fotogrammi consecutivi con tempi lenti a 1/2 secondo dimostrò la stabilità dell’otturatore e l’efficacia dell’ammortizzazione interna, che riduceva il rischio di vibrazioni nei supporti di vetro sottoposti a carichi di pressione.
Nel 1951 Nikon presentò il Nikon S, evoluzione diretta del modello precedente, caratterizzato da un telemetro ottico con base di 50 mm triangolata da specchi a prisma e da scatti flash sincroni fino a 1/50 di secondo. L’innesto adottato, chiamato Nikon S-mount, prevedeva tre ghiere di bloccaggio in ottone nichelato con un’escursione di 3,2 mm, studiata per garantire una tenuta meccanica superiore alle sollecitazioni in esterni di tipo subacqueo leggero . Sul Nikon S fu sperimentato il NIKKOR-H 5 cm f/2, progetto Gauss modificato a sei elementi con due vetri ED, capace di restituire un contrasto elevato su pellicole 35 mm di sensibilità 25 ISO.
L’introduzione delle ottiche NIKKOR-S 5 cm f/1.4, basate su uno schema planare asferico brevettato, consolidò la leadership Nikon in campo amatoriale avanzato, offrendo tempi di posa ridotti fino a 1/30 di secondo in interni scarsamente illuminati e un bokeh morbido. Le lamelle del diaframma furono costruite in metallo stampato, verniciate con rivestimenti a base di vernice cataforetica, per ridurre riflessi interni e mantenere un’apertura uniforme.
Nel 1954 fece il suo ingresso il Nikon S2, con scatti flash incrementati a 1/60 s e con l’opzione del fotometro esterno TTL, applicato a un pentaprisma temporaneo utilizzato per calibrazioni di contrasto in situazioni di reportage giornalistico. Il telemetro del S2, caratterizzato da un ingrandimento di 1,25×, ottenne grazie a un trattamento DLC (Diamond Like Carbon) dei prismi una resistenza superiore alla corrosione e una maggiore luminosità sul display.
Il culmine di questa fase arrivò con il Nikon SP del 1957, che portò la sincronizzazione flash a 1/125 s e migliorò la messa a fuoco minima portandola da 0,9 m a 0,3 m, grazie a un meccanismo di messa a fuoco a cremagliera introdotto nel telaio posteriore . Il Nikon SP montava il NIKKOR-S.C 5 cm f/1.4, un progetto che abbinava un menisco asferico anteriore a un doppietto collato posteriore, ottenendo una nitidezza centrale che superava i 70 linee/mm su pellicole a emulsione fine.
Questi successi gettarono le fondamenta per la rivoluzione reflex dell’anno seguente, quando l’esperienza accumulata sulle meccaniche a telemetro venne trasferita alla progettazione del Nikon F, primo esemplare SLR dell’epoca, destinato a segnare un punto di svolta nella fotografia professionale.
Nikon F e l’era delle reflex 35 mm (1959–1979)
La presentazione del Nikon F nel maggio 1959 costituì un momento di cesura nella storia della fotografia: il primo corpo reflex con montatura bayonet F-mount, un otturatore a tendina verticale in lamelle di ottone temprato capace di coprire tempi da 1 secondo a 1/1000 secondo con sincronizzazione flash fino a 1/60 s, e dotato di pentaprisma rimovibile con una copertura del fotogramma al 98%.
Il F-mount, caratterizzato da un diametro di 44 mm e un tiraggio meccanico di 46,5 mm, fu selezionato per garantire la compatibilità con una vasta gamma di obiettivi NIKKOR, dagli angolari 21 mm f/4 ai tele da 600 mm f/5.6, modulando il progetto interno della baionetta per uniformare la distanza di registrazione e ridurre l’angolo di incidenza sui bordi del sensore o della pellicola. La scelta di adottare un innesto a baionetta a rotazione rapida, anziché la più comune innesto a vite, fu dettata dalla necessità di rendere rapida e sicura la sostituzione dell’ottica in situazioni di reportage.
Il Nikon F introdusse inoltre la concept di modulo motore MD-1, una soluzione che consentiva il trasporto pellicola motorizzato a 3,5 fotogrammi al secondo, anticipando di quindici anni lo sviluppo dei successivi motori MD-2 e MD-3 a 4 fotogrammi al secondo. Il sistema di sincronizzazione tra otturatore e motore venne gestito da un micro‐ingranaggio in ottone e da una frizione a lamelle, con una tolleranza di ±1 mm nella fase di impegno, per garantire la precisione di avanzamento.
Sul fronte ottico, il Nikon F venne affiancato dal NIKKOR-S Auto 5.8 cm f/1.4, ottica a otto elementi in cinque gruppi, caratterizzata da lenti ED ad alto indice di rifrazione e da un diaframma a ottiche multiple che contribuiva a conferire un caratteristico bokeh cremoso, molto apprezzato nei ritratti professionali. L’ottica, calibrata per la riproduzione del contrasto in pellicole a emulsione 400 ASA, venne testata con spettrometri a scintilla e collaudata su banchi ottici con filtri infrarossi per misurare la trasmissione luminosa in banda infrarossa.
Il successo del Nikon F fu immediato: la robustezza del telaio in lega di magnesio, la modularità dei componenti e la flessibilità del sistema di innesto adottato lo resero l’arma preferita di fotogiornalisti e professionisti, che lo impiegarono nelle missioni più impegnative, da spedizioni polari a reportage bellici. Il Nikon F generò un ecosistema di oltre 60 ottiche in un arco di pochi anni, consolidando il F-mount come standard de facto nel settore reflex 35 mm.
Nel 1967 Nikon presentò il F Photomic con pentaprisma TTL (Through The Lens) a fotocellula, grazie a un congegno CDS (Cadmium Sulfide) integrato all’interno del pentaprisma stesso e rimovibile, in grado di misurare la luce incidente sui bordi della lente e di suggerire l’apertura e il tempo di posa tramite una scala a LED. Il Nikon F Photomic elaborò il segnale elettrico della fotocellula con un circuito a valvole termoioniche, in grado di gestire sensibilità da 25 ASA a 3200 ASA.
Nel 1971 Nikon completò l’evoluzione della gamma F con il Nikon F2, dotato di otturatore migliorato in lamelle di ottone verniciato, capace di raggiungere 1/2000 s e con una sincronizzazione flash a 1/125 s. Il F2 introdusse inoltre motori MD-2 e MD-3 in grado di arrivare fino a 4 fotogrammi al secondo, grazie a un innesto più robusto e a una leva di avanzamento rinforzata. Il pentaprisma TTL fu ulteriormente perfezionato con un sistema di misurazione spot a priorità dell’apertura, aprendo la strada al successivo sviluppo di esposimetri integrati e di fotocamere semi‐automatiche.
Questi primi vent’anni di reflex hanno posto le basi tecniche per l’espansione Nikon nel settore professionale: il F-mount, l’ingegneria dell’otturatore a tendina verticale e la qualità delle ottiche NIKKOR resero Nikon sinonimo di affidabilità, precisione e versatilità.
L’era autofocus e le reflex professionali (1980–2004)
La necessità di integrare sistemi di messa a fuoco automatica indusse Nikon a progettare, a metà anni Settanta, un motore di messa a fuoco a cremagliera che sfruttava un piccolo motore DC inserito all’interno del corpo macchina. Il primo sistema organico fu il Nikon F3AF del 1983, sviluppato in collaborazione con Nippon Seiki, in grado di pilotare obiettivi dotati di cremagliera esterna e di fornire una messa a fuoco automatica a sensore a contrasto. Il F3AF, pur non avendo mai riscosso enorme successo commerciale, permise a Nikon di acquisire competenze fondamentali sui motori AF a ingranaggi.
Il vero salto avvenne con la Nikon F-501 (chiamata N2020 in USA) del 1986, prima SLR autofocus di Nikon a utilizzare un motore interno e un sensore a prismi pentagonali per pilotare ottiche AF Pellettate a due elementi rotanti, in grado di bloccare la messa a fuoco entro 50 ms su un soggetto a 5 m di distanza. Il concetto di AF a sensore di fase venne introdotto grazie a un prismatic block interno al pentaprisma, capace di suddividere il fascio di luce per confrontarne le due immagini e muovere il motore.
Dal punto di vista ottico, Nikon mise a punto la serie AF-D, dotata di microchip integrato all’interno dell’innesto, in grado di trasmettere al corpo macchina informazioni sulla distanza di messa a fuoco, consentendo al microprocessore di ottimizzare l’esposizione in funzione della profondità di campo effettiva.
Il 1980 vide il debutto del Nikon F3, ancora oggi considerato uno dei corpi meccanici più affidabili, con un otturatore programmabile a passo di 1/4000 s e un sistema di esposizione a priorità di diaframma elettronico. Il F3 fu il primo corpo con pentaprisma TTL con sistema di misurazione multipunto e con un microprocessore 8‐bit dedicato alla gestione dell’esposizione, capace di intervenire in meno di 10 ms sul magnesio di chiusura .
L’avvento del Nikon F4 nel 1988 segnò l’ingresso nella piena era elettronica: otturatore in titanio a tendine verticale, motore integrato a 5 fotogrammi al secondo, doppio display LCD superiore e inferiore, con una risoluzione di 16 segmenti di lettura esposimetrica e compatibilità con le ottiche AF‐S dotate di motore Silent Wave. Il sistema AF multilivello fu potenziato da un sensore a cinque sensori di fase incrociati, capace di seguire soggetti in movimento sui tre assi, e venne abbinato a un processore Nikon MB‐16 con memoria interna per scatti multipli.
Nel decennio successivo Nikon lanciò il F5 (1996), dotato di motore a 8 fotogrammi al secondo, sensore di misurazione esposimetrica a 1005 pixel RGB integrato nel pentaprisma e otturatore in titanio capace di superare 200.000 cicli di scatto, e il F6 (2004), ultimo erede meccanico del sistema F, con motore a 8 fps, 11 punti AF, esposimetro a priorità di tempo e modulo High‐Speed Strobe integrato, mantenendo l’innesto F‐mount.
Questi modelli hanno rappresentato il punto più evoluto della reflex tradizionale, fondendo ingegneria meccanica di precisione con elettronica di controllo avanzata, in cui processori a 16 bit gestivano esposizione, messa a fuoco, avanzamento e calcolo del bilanciamento del bianco con algoritmi predittivi studiati su database di tipo CIE.
L’avvento digitale: dal D1 alla serie D (1999–2010)
Il passaggio alla fotografia digitale venne orchestrato da Nikon all’inizio degli anni Novanta grazie alla joint venture con FujiFilm per lo sviluppo di sensori CCD di medio formato, esperienza che sfociò nel 1999 con il lancio del Nikon D1, prima reflex digitale con sensore CMOS da 2,7 megapixel, processore di immagine a 12 bit, buffer per 8 scatti RAW consecutivi e motore integrato da 2,7 fotogrammi al secondo. Il D1 mantenne l’innesto F‐mount, garantendo la compatibilità con oltre 80 ottiche NIKKOR esistenti, e introdusse per la prima volta un sistema di autofocus a 5 punti ottico‐elettronico, sincronizzato con i brief dettagliati del motore AF per una rapidità di blocco inferiore a 50 ms.
Il primissimo D1 fu affiancato nel 2001 dal D1H e dal D1X, versioni rispettivamente ottimizzate per sport e ritratto, dotate di sensori da 2,7 e 5 megapixel, processori a 14 bit e buffer estesi a 20 scatti. I processori EXPEED, evoluzione diretta dei circuiti presenti nel D1, gestivano la conversione A/D con filtri antialiasing integrati e moduli di correzione del rumore a firma Nikon, basati su kernel di convoluzione a 3×3 pixel.
Nel 2003 Nikon lancé la serie D100, destinata al prosumer, con sensore CCD da 6 megapixel, autofocus a 11 punti e un telaio rinforzato in magnesio, anticipando soluzioni poi diffuse nella gamma D200. La gamma professionale continuò con il D2H e il D2X, capaci di superare i 2000 linee di risoluzione sul sensore da 12 megapixel e di offrire raffiche a 8 fotogrammi al secondo, grazie a un processore di tipo dual‐core EXPEED I.
Il 2006 vide l’arrivo del D80 e del D200, mentre tra il 2007 e il 2008 Nikon consolidò la gamma con il D300 (12,3 megapixel CMOS, 6 fps) e il D3 (12,1 megapixel full-frame, 9 fps), primo corpo FX destinato al vasto pubblico di professionisti. Il D3 fu anche il primo a conquistare il sensore full-frame senza filtro antialiasing, rendendo possibile risoluzioni reali superiori a 3000 linee su pellicola analogica.
Successivamente vennero presentati il D700 (12,1 megapixel FX, 5 fps, 51 punti AF a croce), il D300S (continuous 7 fps, video 720p), il D3X (24,5 megapixel FX, 5 fps) e il D3S (12,1 megapixel FX con capacità di scatto fino a ISO 102400), perseguendo la strategia dual‐pixel che alternava risoluzione e sensibilità estrema.
Entre 2009 e 2010 la gamma digitale Nikon si estese verso il prosumer e l’entry-level con i D90 (12,3 megapixel, video HD), D3000 (10,2 megapixel), D5000 (12,3 megapixel, schermo articolato) e D7000 (16,2 megapixel, sensore APS-C), introducendo per la prima volta componenti quali schermi Live View ad alto contrasto e sistemi di riduzione vibrazioni basati su movimenti del sensore.
Mirrorless e montatura Z: una nuova frontiera (2018–2025)
Con la presentazione del Nikon Z7 nel settembre 2018, Nikon inaugurò la propria linea mirrorless full-frame, basata sulla nuova Z-mount, un innesto dal diametro interno di 55 mm e un tiraggio di 16 mm, progettato per ridurre l’angolo di incidenza dei raggi sui bordi del sensore. Il Z7 adottò un sensore CMOS retroilluminato da 45,7 megapixel, un processore EXPEED 6, sistema di autofocus ibrido a 493 punti di fase che coprivano il 90% del fotogramma e stabilizzazione interna fino a 5 stop.
Il progetto Z-mount trasformò la progettazione delle ottiche, consentendo di ridurre la distanza tra piano focale e montatura e di aumentare il diametro del fascio di luce, fattore che permise lo sviluppo di lenti ultra-veloci come il NIKKOR Z 58 mm f/0.95 Noct, caratterizzato da dieci elementi in sette gruppi con due superfici asferiche libere e nuovi vetri a dispersione ultra-bassa.
Subito dopo z7 Nikon lanciò il Z6, identico corpo ma sensore 24,5 megapixel più sensibile, e nel 2020 presentò le revisioni Z7II e Z6II, dotate di processore dual-core, slot dual-CFexpress/SD, buffer esteso a 200 scatti RAW e raffica a 10 fps. Il sistema mirrorless venne arricchito da un adattatore FTZ che garantiva il supporto completo alle ottiche F-mount con autofocus e stabilizzazione interne, eredità diretta di una storia di oltre 60 anni.
A partire dal 2021 la gamma Z si è ampliata con i Z5 (24,3 megapixel FX, corpo weather‐sealed) e i modelli APS-C Z50 e Zfc, mentre i professionisti hanno potuto contare sui top di gamma Z6III e Z7III. Sul versante video Nikon ha introdotto la registrazione 4K a 60 fps, gli N-Log interni e l’HDR HLG, rendendo i corpi mirrorless una soluzione ibrida di fascia alta.
Ogni nuovo processore EXPEED ha migliorato l’elaborazione del rumore, l’autofocus in condizioni di luce scarsa e la qualità del colore, grazie a algoritmi di demosaicizzazione ottimizzati per i sensori bipixel. Le ottiche Z-S line sono ora contraddistinte da motori SWM integrati, sistema di lenti flottanti per la messa a fuoco rapida e rivestimenti ARNEO + Nano Crystal per eliminare flare e ghosting.
Innovazioni ottiche e sistemi di messa a fuoco
La genesi delle ottiche NIKKOR ha accompagnato ogni fase della storia Nikon. Dalle prime lenti tripletto NIKKOR-C 5 cm f/3.5 fino agli odierni NIKKOR Z 14-24 mm f/2.8 S, ogni obiettivo è progettato con software CAD proprietari e simulazioni del flusso di luce su modelli a elementi multipli. L’adozione di vetri ED (Extra-low Dispersion), Super-Low Dispersion e ARNEO coating ha permesso di contenere le aberrazioni cromatiche e di migliorare il contrasto nei controluce più estremi.
I motori di messa a fuoco sono evoluti dai primi motori DC integrati nei reflex F-501 alle unità Silence Wave Motor (SWM) ad ultrasuoni, capaci di spostare gruppi di lenti fino a 20 mm in meno di 0,04 secondi, adattando la velocità e la coppia in base all’escursione e riducendo rumorosità e vibrazioni. Il sistema di autofocus ibrido a fasi e contrasto dei corpi mirrorless integra microprocessori dedicati all’elaborazione parallela di segnali di fase, fornendo un tracking intelligente basato su deep learning.
Ogni generazione di processore EXPEED introduce nuovi algoritmi di demosaicizzazione, di correzione ottica e di gestione del rumore. Partendo dal EXPEED I del D2H, Nikon ha continuamente migliorato il flusso d’immagini: EXPEED II e III hanno introdotto accelerazione hardware per la riduzione del rumore in ambito JPEG; EXPEED 4 e 5 hanno offerto motori video 4K e HDR; EXPEED 6 ha aggiunto pixel bi-phase per autofocus a rilevazione di fase sul sensore; EXPEED 7 e 8 stanno preparando l’era del 8K e della sensor fusion.
La pipeline di elaborazione prevede cinque fasi: demosaicizzazione con filtri a 3×3, correzione toni chiari e ombre tramite curve personalizzate, riduzione del rumore cromatico con quantizzazione adattiva, sharpening localizzato su contorni con maschera Gauss e applicazione del profilo lens correction basato su dati memorizzati all’interno del chip dell’obiettivo.
Oggi Nikon è presente in mercati trasversali: dalle reflex e mirrorless, alle macchine per la microscopia, alla metrologia industriale con la divisione Nikon Metrology, e alle soluzioni per la produzione di circuiti stampati con le unità di litografia (Litho Systems). L’acquisizione di Red Digital Cinema nel marzo 2024 ha esteso la presenza Nikon ai cinema digitali, integrando pipeline di elaborazione e obiettivi intercambiabili.
La rete produttiva globale comprende stabilimenti in Giappone (Sendai, Otawara), Thailandia (Ayutthaya) e Cina, ottimizzando la supply chain per plastiche, vetri ottici e montaggio finale. Il focus R&D resta sulla micro-fabbricazione di lenti asferiche free-form, ottiche con microstrutture per il contrasto e algoritmi di intelligenza artificiale per l’autofocus predittivo.