L’invenzione della fotografia ha rappresentato una svolta epocale nella storia dell’arte e della comunicazione visiva. Questa innovazione ha rivoluzionato il modo in cui le immagini venivano catturate, condivise e percepite, trasformando profondamente l’approccio dei pittori e il loro rapporto con la rappresentazione visiva. L’impatto della fotografia sui pittori è stato sia di sfida che di ispirazione, aprendo nuove possibilità creative e sollevando domande fondamentali sull’essenza dell’arte.
Prima dell’avvento della fotografia, i pittori erano i principali interpreti della realtà visiva, creando opere che rappresentavano la natura, la vita quotidiana, i ritratti e molto altro ancora. La pittura era l’unico mezzo attraverso il quale potevano catturare la bellezza, l’emozione e la complessità del mondo che li circondava. Tuttavia, l’arrivo della fotografia ha portato con sé una sfida esistenziale: poteva un mezzo meccanico riprodurre la realtà con la stessa precisione e dettaglio dei pennelli dei pittori?
La risposta a questa domanda ha spinto molti artisti a rivalutare il loro approccio alla pittura. La fotografia, con la sua capacità di catturare dettagli minuziosi e di documentare la realtà in modo oggettivo, ha costretto i pittori a esplorare nuovi modi di esprimere il loro mondo interiore e la loro interpretazione soggettiva della realtà. Molti pittori hanno abbracciato la sfida, sperimentando nuove tecniche, stili e soggetti che non potevano essere riprodotti con la stessa precisione dalla fotografia.
La fotografia ha avuto un impatto diretto sulla rappresentazione dei ritratti. Prima dell’invenzione della fotografia, i ritratti erano un privilegio riservato alle classi nobili e benestanti, dato che richiedevano ore di posa da parte del soggetto e dell’artista. La fotografia ha reso i ritratti accessibili a un pubblico più ampio, consentendo a persone di ogni ceto sociale di possedere un’immagine di sé stessi o dei loro cari. Questo ha portato a una democratizzazione della rappresentazione visiva e ha indotto molti pittori a cercare nuove vie di espressione per mantenere la loro rilevanza nell’era fotografica.
Tuttavia, l’impatto della fotografia non è stato solo di sfida, ma anche di ispirazione. Molti pittori hanno trovato nella fotografia un nuovo strumento per esplorare l’arte. La capacità della fotografia di catturare la luce, la composizione e il momento fugace ha influenzato molti pittori a esplorare nuove tecniche di rappresentazione visiva. Alcuni artisti hanno abbracciato l’uso della fotografia come mezzo per catturare rapidamente schizzi e impressioni dal vivo, che poi avrebbero sviluppato ulteriormente nelle loro opere pittoriche.
L’avvento della fotografia ha spinto i pittori a riflettere più profondamente sulla natura stessa dell’arte e sulla sua relazione con la realtà. La fotografia aveva la pretesa di rappresentare la realtà in modo oggettivo, ma questa affermazione ha sollevato domande sulla soggettività della percezione umana e sulla natura dell’interpretazione artistica. I pittori si sono trovati ad affrontare il compito di definire il loro ruolo nell’era della riproducibilità meccanica e di trovare nuove vie per esprimere la loro unica visione del mondo
L’invenzione del dagherrotipo causò notevoli preoccupazioni a molti artisti, che videro svanire i loro mezzi di sostentamento. Si attribuisce a Delaroche l’affermazione che la pittura era ormai morta, mentre Sir William Ross, sul suo letto di morte nel 1860, commentò tristemente che “era tutto finito con la nascita della nuova pittura in miniatura“.
Charles Baudelaire disprezzava la fotografia in quanto prodotto dell’industria. Sentiva che forniva un’impressione della realtà che non aveva lo “slancio spirituale” che veniva dall’immaginazione. Recensendo una mostra fotografica nel 1859, vide chiaramente la necessità di mettere la fotografia al suo posto: “Se si permette alla fotografia di integrare l’arte in alcune delle sue funzioni, presto l’avrà soppiantata o corrotta del tutto. Il suo vero dovere è quello di essere il servitore delle scienze e delle arti – ma un servitore molto umile, come la stampa o la stenografia, che non hanno né creato né completato la letteratura […]. Che salvi dall’oblio quelle rovine che cadono, quei libri, stampe e manoscritti che il tempo sta divorando, cose preziose la cui forma si sta dissolvendo e che richiedono un posto negli archivi della nostra memoria – sarà ringraziato e applaudito. Ma se gli si permette di invadere il campo dell’immaginario, di qualcosa il cui valore dipende unicamente dall’aggiunta di qualcosa dell’anima di un uomo, allora sarà tanto peggio per noi”.
Alcuni pittori soprannominarono la nuova invenzione “il nemico dell’arte grafica”. Certamente quegli artisti che si specializzarono in ritratti in miniatura ne soffrirono. Pensate che nel 1810 più di 200 miniature furono esposte alla Royal Academy. Il numero delle miniature salì a 300 nel 1830, ma trent’anni dopo ne furono esposte solo sessantaquattro, e nel 1870 appena trentatré.
D’altro canto, il pittore Gustave Courbet riconobbe la fotografia come un utile aiuto nella rappresentazione dei motivi. Tuttavia, i suoi quadri sembrano illustrare, per lo spessore del colore, che egli vedeva la fotografia come una semplice copia della realtà, e che la pittura andava ben oltre.
Un certo numero di artisti si rivolsero alla fotografia per il loro sostentamento, mentre altri approfittarono del fatto che le immagini erano monocrome e iniziarono a colorarle.
L’affermazione di Baudelaire che la fotografia era diventata “il rifugio dei pittori falliti con troppo poco talento” era sicuramente ingiusta, ma è vero che un certo numero si rivolse a questo nuovo mezzo per il proprio sostentamento.
In ogni caso, la somiglianza assoluta non era sempre ciò che il committente voleva. Alfred Chalon, uno degli ultimi miniaturisti, alla domanda della regina Vittoria se la fotografia fosse una minaccia per la pittura in miniatura, rispose: “No signora, la fotografia non può adulare”
Un ulteriore colpo alla ritrattistica in miniatura sarebbe arrivato quando la mania delle Carte-de-Visite iniziò a svilupparsi. Nel 1857 un giornale d’arte riportava che la fotografia di ritratto stava diventando un fastidio pubblico, con i fotografi che cercavano clienti (proprio come fanno oggi gli artisti al Montmartre, a Parigi): “Ora è davvero diventata una questione di ordine pubblico, sia per motivi di correttezza che di comodità pubblica”, tuonava lo scrittore. In quella stessa rivista Francis Frith sosteneva che la fotografia “ha già quasi interamente sostituito il mestiere del pittore di miniature, ed è sul punto di toccare, con mano irresistibile, molti altri rami dell’arte specializzata“.
Nel 1865 Claudet, ormai un fotografo rispettato, venne in difesa della fotografia, e qui di seguito trovate uno stralcio di un suo articolo: “Non si può non riconoscere che ci sono delle arti che sono in via di estinzione e che è la fotografia che ha dato loro il colpo di grazia! Perché non ci sono più miniaturisti? Per la ragione molto semplice che coloro che vogliono le miniature trovano che la fotografia fa meglio il lavoro e invece di ritratti più o meno accurati per quanto riguarda la forma e l’espressione, dà somiglianze perfettamente esatte che soddisfano almeno il cuore e la memoria“.