La Filotecnica Salmoiraghi rappresenta un capitolo fondamentale nella storia della tecnologia ottica e fotografica italiana, caratterizzato da precisione ingegneristica, ricerca ottica avanzata e una produzione che ha influenzato sia il mercato nazionale che internazionale. Fondata nella seconda metà dell’Ottocento come laboratorio sperimentale, l’azienda si trasformò in un’industria all’avanguardia sotto la guida di Angelo Salmoiraghi, diventando un punto di riferimento per la produzione di strumenti di misura, obiettivi fotografici e fotocamere. Questo articolo approfondisce l’evoluzione tecnica dell’azienda, analizzando le innovazioni che ne hanno definito l’identità industriale.
Dalle Origini alla Trasformazione Industriale (1864-1875)
Le radici della Filotecnica Salmoiraghi risalgono al 1864-65, quando il professor Ignazio Porro, scienziato e docente di ottica al Politecnico di Milano, istituì un’Officina Filotecnica dedicata alla produzione sperimentale di strumenti ottici e di precisione. Porro, già noto per l’invenzione del sistema prismatico alla base dei moderni binocoli, concepì il laboratorio come un centro di eccellenza per la fabbricazione di dispositivi topografici e di misurazione. La collaborazione con Alessandro Duroni, pioniere della dagherrotipia in Italia, arricchì il progetto di competenze fotografiche: Duroni aveva infatti realizzato alcune delle prime immagini su lastra argentata di Milano già nel 1839, pochi mesi dopo l’annuncio ufficiale del dagherrotipo.
L’Officina operava su scala artigianale, producendo strumenti come teodoliti, livelli a bolla e microscopi in pochi esemplari, destinati principalmente a istituzioni scientifiche e militari. Un esempio significativo fu il tacheometro Porro, dispositivo per il rilevamento topografico che sfruttava un sistema di prismi per ridurre gli errori di parallasse. La produzione richiedeva una lavorazione manuale di altissima precisione: le lenti venivano levigate con paste abrasive a base di ossido di cerio, mentre le montature in ottone erano assemblate con tolleranze inferiori al millimetro.
La svolta industriale avvenne nel 1870 con l’ingresso di Angelo Salmoiraghi, allievo di Porro e ingegnere meccanico formatosi al Politecnico di Milano. Alla morte di Porro nel 1875, Salmoiraghi rilevò l’officina, trasformandola in un’azienda strutturata. La nuova ragione sociale, La Filotecnica Ing. A. Salmoiraghi, rifletteva questa transizione verso una produzione seriale, seppur ancora su piccola scala. Il primo catalogo aziendale (1876) includeva 12 modelli di strumenti ottici, tra cui un eliometro per misurare il diametro angolare del Sole e un fotometro a polarizzazione per l’analisi dell’intensità luminosa.
Espansione e Diversificazione Produttiva (1875-1914)
Il periodo tra il 1875 e lo scoppio della Prima Guerra Mondiale segnò l’ascesa della Filotecnica come realtà industriale polivalente. Nel 1877, l’azienda stupì il mercato italiano con la Prima Macchina per Cucire Italiana, un modello a pedale con navetta oscillante e tensione del filo regolabile mediante una molla a spirale. La scelta di diversificare rispondeva a esigenze economiche, ma rivelava anche la versatilità tecnica di Salmoiraghi: i meccanismi di precisione della macchina per cucire richiedevano torniture di ingranaggi entro ±0,05 mm, competenza già maturata nella produzione ottica.
Parallelamente, l’azienda consolidò il proprio impegno nel settore fotografico. La collaborazione con Francesco Koristka, ottico milanese, portò nel 1882 alla progettazione di un obiettivo a menisco acromatico con diaframma a iride, capace di ridurre le aberrazioni cromatiche del 30% rispetto ai modelli francesi dell’epoca. Questo obiettivo, commercializzato come Koristka-Salmoiraghi No. 3, montava due lenti in crown glass e flint glass con curvature calcolate per minimizzare la dispersione della luce.
Negli anni ’90 dell’Ottocento, la Filotecnica introdusse una linea di lastre fotografiche al collodio umido, trattate con una soluzione di nitrato d’argento e ioduro di potassio. Le lastre, vendute in formati fino a 30×40 cm, offrivano una sensibilità di circa 2 ISO (allora espressa in gradi Warnerke) e richiedevano esposizioni di 10-15 secondi in luce diurna. Per garantire uniformità nello strato sensibile, Salmoiraghi sviluppò un sistema di centrifugazione orizzontale: le lastre venivano fissate a un braccio rotante e ricoperte di collodio mentre ruotavano a 120 giri/minuto.
L’inizio del Novecento vide l’ingresso nel mercato degli obiettivi anastigmatici, con il lancio del Phoebus (1908), un tripletto Cooke modificato con lenti in vetro borosilicato. La formula ottica, composta da tre elementi con curvature asferiche, riduceva l’astigmatismo periferico del 40% rispetto ai modelli contemporanei, rendendolo ideale per la fotografia paesaggistica.
Innovazioni Belliche e Fotografiche nel Periodo tra le Due Guerre (1914-1939)
La Prima Guerra Mondiale trasformò la Filotecnica in un fornitore strategico per l’esercito italiano. Nel 1916, l’azienda sviluppò la Fotocamera Aerofotogrammetrica S.76, progettata per riprese aeree di ricognizione. Il dispositivo, montato su aerei SVA, utilizzava lastre 18×24 cm inserite in magazine metallici a tenuta stagna. L’otturatore a tendina in tela gommata raggiungeva una velocità di 1/100s, mentre l’obiettivo Tetraplano 200mm f/6.3 garantiva una risoluzione di 40 linee/mm nonostante le vibrazioni del volo.
Nel dopoguerra, la riconversione civile portò alla nascita della Fotocamera Argo (1922), folding per lastre 9×12 cm con corpo in legno di noce e basculaggio del pannello posteriore per correggere le linee cadenti. L’obiettivo Syrius 150mm f/4.5, accoppiato a un otturatore Compur, sfruttava una formula a quattro elementi simmetrici per ottenere un’illuminazione uniforme fino ai bordi dell’immagine. La messa a fuoco avveniva mediante un dente a cremagliera che spostava il fuoco anteriore su una corsa di 35 mm, con scala metrica incisa direttamente sul banco ottico.
Gli anni ’20 videro anche l’introduzione delle fotocamere per pellicola in rullo. La Roka (1925), folding per formato 6×9 cm su pellicola 120, montava un obiettivo Alcyon 105mm f/6.3 con diaframma a 5 lamelle e otturatore centrale a tempi da 1/25s a 1/100s. La Nova (1928), disponibile in due versioni con obiettivi Venus 75mm f/4.5 e Lyra 90mm f/3.8, introdusse un mirino a pozzetto pieghevole con lente di ingrandimento incorporata per la messa a fuoco precisa.
L’apice tecnologico fu raggiunto con l’obiettivo Regulus 35mm f/8 (1932), un grandangolo per medio formato basato sul progetto Biogon di Ludwig Bertele. Con un angolo di campo di 75° e una distorsione geometrica inferiore all’1%, il Regulus utilizzava lenti in vetro al torio per correggere l’aberrazione sferica, nonostante le sfide poste dalla radioattività del materiale durante la lavorazione.
Collaborazioni Internazionali e Declino del Settore Fotografico (1939-1950)
La collaborazione con Kodak AG (1935) segnò il riconoscimento internazionale della Filotecnica. Per la fotocamera Retina I, la divisione tedesca di Kodak adottò l’obiettivo Salmoiraghi Lyra 50mm f/3.5, un tessar con lenti cementate al balsamo del Canada. La scelta cadde sul Lyra per la sua resistenza alla decentrazione, problema comune negli obiettivi per fotocamere pieghevoli.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, la produzione si orientò verso strumenti per l’artiglieria e la marina, come il Telemetro Stereo G.42 (1941), dispositivo ottico a base 1,5 m con prisma di Porro per la misura della distanza sui cannoni navali. Nonostante il contesto bellico, l’azienda sviluppò prototipi di fotocamere 35 mm a telemetro, come il Modello X3 (1944), dotato di un otturatore a tendina in metallo con tempi fino a 1/1000s e sincronizzazione flash a contatto caldo.
Il dopoguerra portò alla nazionalizzazione sotto l’IRI (1953), con l’abbandono progressivo della produzione fotografica a favore di strumenti aeronautici. L’ultimo obiettivo fotografico realizzato, l’Arthur 135mm f/2.8 (1951), utilizzava un vetro ottico al lantanio per ridurre il peso del 30% rispetto ai modelli concorrenti, ma rimase un prodotto di nicchia a causa dei costi elevati.