La Eho Kamera-Fabrik GmbH rappresenta un capitolo significativo nella storia dell’industria fotografica tedesca del XX secolo, rivestendo un ruolo di rilievo nella produzione di fotocamere accessibili al grande pubblico senza sacrificare la qualità costruttiva. L’azienda, con sede a Dresda, si inserì nel ricco contesto della tradizione fotografica sassone, differenziandosi per una filosofia produttiva orientata alla democratizzazione della fotografia in un periodo storico complesso. Il suo percorso evolutivo, dall’iniziale produzione di economiche box camera fino alle più sofisticate fotocamere a telemetro 35mm, riflette non solo lo sviluppo tecnologico dell’epoca, ma anche i profondi cambiamenti socio-politici che caratterizzarono la Germania dal periodo pre-bellico fino alla divisione durante la Guerra Fredda.
Le origini e la fondazione (1892-1930)
La storia della Eho Kamera-Fabrik affonda le proprie radici nell’attività commerciale avviata da Richard Knoll nel 1892 a Lipsia. L’impresa, inizialmente denominata “Photo Spezialhaus”, si occupava principalmente della vendita di articoli fotografici. Richard Knoll, con una formazione da ingegnere, possedeva le competenze tecniche necessarie per espandere il proprio business oltre la semplice commercializzazione. Nel 1904, un momento significativo nella storia dell’azienda, la sede venne trasferita a Dresda, città che si stava già affermando come epicentro dell’industria ottica e fotografica tedesca, ospitando prestigiose realtà come Zeiss Ikon ed Ernemann.
Durante i primi anni a Dresda, l’attività di Knoll iniziò gradualmente a evolvere da semplice rivenditore a piccola manifattura. A partire dal 1904, l’azienda cominciò ad occuparsi anche della riparazione di apparecchiature fotografiche, acquisendo così preziose competenze tecniche e una conoscenza approfondita dei meccanismi interni delle fotocamere dell’epoca. Questa esperienza si rivelò fondamentale quando, alcuni anni più tardi, l’azienda iniziò a produrre piccoli componenti fotografici e, successivamente, fotocamere complete.
Il periodo della Prima Guerra Mondiale e gli anni immediatamente successivi rappresentarono un periodo difficile per l’industria fotografica tedesca, con scarsità di materiali e difficoltà economiche. Nonostante queste sfide, la piccola manifattura di Knoll riuscì a sopravvivere, probabilmente grazie alla sua dimensione contenuta e alla capacità di adattarsi velocemente alle mutevoli condizioni di mercato.
La svolta decisiva nella storia dell’azienda arrivò nel 1927, quando Emil Hofert rilevò l’attività, rinominandola “Fabrik photographischer Artikel Emil Hofert vorm. Richard Knoll”. Questo passaggio di proprietà segnò l’inizio di una nuova era per l’azienda, che sotto la guida di Hofert avrebbe sviluppato una chiara filosofia produttiva orientata alla creazione di fotocamere economiche ma di buona qualità, destinate a un pubblico più ampio rispetto alle costose macchine professionali che dominavano il mercato dell’epoca.
Emil Hofert, dimostrando notevoli capacità imprenditoriali, identificò una precisa nicchia di mercato ancora poco sfruttata a Dresda: quella delle fotocamere box economiche. La scelta si rivelò strategicamente vincente, poiché i principali produttori di Dresda, come Zeiss Ikon, si concentravano su modelli più costosi e sofisticati. La visione di Hofert era chiara: realizzare strumenti fotografici semplici ma affidabili, che permettessero anche ai clienti con minori disponibilità economiche di accedere al mondo della fotografia.
Nel 1931, l’azienda subì una riorganizzazione formale, assumendo la denominazione “Emil Hofert ‘Eho’ Kamera-Fabrik Emil Hofert GmbH”, successivamente semplificata in “‘Eho’ Kamera-Fabrik Emil Hofert GmbH”. Il nome commerciale “Eho” derivava dalle iniziali del fondatore ed era destinato a diventare il marchio distintivo dell’azienda per tutti gli anni Trenta. Durante questo periodo, le box camera prodotte da Eho acquisirono popolarità, venendo regolarmente presentate alle fiere commerciali di Lipsia, importanti vetrine per l’industria fotografica tedesca dell’epoca.
La filosofia aziendale di Hofert si concretizzò nel suo slogan promozionale: “Eho – die Volkskamera im wahren Sinn des Wortes” (Eho – la fotocamera popolare nel vero senso della parola). Questa frase non era solo un efficace strumento di marketing, ma rifletteva l’autentico desiderio di democratizzare l’accesso alla fotografia in un’epoca in cui questa rimaneva ancora un lusso per molti. Le prime box camera Eho erano disponibili in due formati, 6×9 cm e 6,5×11 cm, ed erano dotate di caratteristiche tecniche sorprendentemente avanzate per la loro fascia di prezzo, come un obiettivo periscopico a due elementi e tre diaframmi selezionabili, oltre a una lente supplementare per la messa a fuoco ravvicinata a partire da 1,5 metri.
Emil Hofert aveva intuito una verità fondamentale del mercato fotografico dell’epoca: mentre le fotocamere professionali e di fascia alta erano ben rappresentate dai grandi nomi dell’industria di Dresda, esisteva una domanda crescente per apparecchi semplici, economici ma tecnicamente validi, capaci di soddisfare le esigenze di un pubblico sempre più ampio di fotografi amatoriali. Questa intuizione commerciale permise alla piccola azienda di crescere e affermarsi in un contesto altamente competitivo come quello dell’industria fotografica tedesca degli anni Venti e Trenta.
Il contesto culturale e sociale in cui operava la Eho era caratterizzato da un crescente interesse per la fotografia amatoriale. Gli anni Venti e Trenta videro infatti una progressiva diffusione della pratica fotografica tra la classe media tedesca, facilitata dall’introduzione di pellicole più sensibili, fotocamere più maneggevoli e costi complessivamente più accessibili. La stampa specializzata dell’epoca, con pubblicazioni dedicate ai fotoamatori, contribuiva alla diffusione di conoscenze tecniche e artistiche, alimentando un mercato in espansione al quale la Eho seppe rivolgersi con prodotti mirati.
L’era delle box camera e l’espansione (1930-1939)
Gli anni ’30 rappresentarono il periodo di maggior sviluppo e consolidamento per la Eho Kamera-Fabrik sotto la guida di Emil Hofert. L’azienda si specializzò nella produzione di box camera economiche che, nonostante il prezzo contenuto, offrivano caratteristiche tecniche interessanti e una costruzione solida. Il successo commerciale di questi modelli permise all’azienda di crescere e di ampliare gradualmente la propria gamma di prodotti.
La prima box camera prodotta da Eho, introdotta nel 1930, rappresentò un ottimo debutto sul mercato, distinguendosi per la versatilità e alcune soluzioni tecniche inusuali per una fotocamera economica. La possibilità di utilizzare due formati di pellicola e la presenza di una lente supplementare per gli scatti a distanza ravvicinata costituivano proposte di valore significative per i fotografi amatoriali. La struttura della fotocamera, tipica delle box camera dell’epoca, comprendeva un corpo in metallo o bachelite con rivestimento in similpelle, un obiettivo fisso semplice ma efficiente, e un sistema di avanzamento della pellicola manuale tramite manopola.
Nel corso degli anni successivi, la Eho ampliò la propria gamma di box camera, introducendo modelli per diversi formati di pellicola, incluso il formato 127, più piccolo e più economico rispetto al 120 standard. Le fotocamere Eho venivano commercializzate non solo con il marchio aziendale, ma anche con numerosi altri nomi commerciali, attraverso accordi con grandi magazzini e distributori fotografici. Questa strategia di distribuzione multipla permise all’azienda di aumentare significativamente il proprio volume di vendite, raggiungendo diverse fasce di mercato.
Tra i marchi con cui venivano commercializzati i prodotti Eho figuravano nomi come Adina (per i grandi magazzini Kaufhof), AKO, Arto, Bavarian, Errtee (distribuito da Romain Talbot a Berlino), Fotam, Fotka (per il mercato ceco), Hamafot, Hermax, Mantel, Mono, Nebo, Rhaco, RECORD, Rilo, Staufen e Wara4. Questa proliferazione di marchi commerciali rifletteva una pratica comune nell’industria fotografica dell’epoca, particolarmente nel segmento economico, dove la differenziazione del marchio permetteva di adattare le strategie di prezzo e marketing ai diversi canali di vendita.
Un momento significativo nella storia dell’azienda fu il rilascio nel 1935 della Stereo-Box, la prima fotocamera stereoscopica economica prodotta da Eho. Le fotocamere stereoscopiche, capaci di catturare due immagini leggermente sfalsate che, quando visualizzate attraverso un apposito visore, creavano un effetto tridimensionale, rappresentavano una nicchia di mercato interessante che Eho decise di esplorare con un modello accessibile al grande pubblico.
Nello stesso anno, un evento tragico segnò la storia dell’azienda: Emil Hofert morì, lasciando un vuoto nella direzione dell’impresa. Il suo stretto collaboratore, Berthold Altmann, assunse il controllo dell’azienda, che continuò a operare con la denominazione “‘Eho’ Kamera-Fabrik Emil Hofert GmbH Inhaber Berthold Altmann”. Sotto la guida di Altmann, l’azienda proseguì la produzione di box camera, ma iniziò anche a esplorare segmenti di mercato più avanzati.
Nel 1935, l’azienda contava circa 60 dipendenti, una dimensione significativa per un produttore specializzato in fotocamere economiche. La produzione era principalmente artigianale, con un alto grado di assemblaggio manuale, ma alcune fasi del processo produttivo cominciavano ad essere meccanizzate per aumentare l’efficienza e ridurre i costi.
La EHO-Box 190, introdotta nel 1935, rappresenta un esempio eccellente della produzione di questo periodo. A differenza dei modelli precedenti, questa fotocamera presentava una struttura monoblocco con un inserto estraibile per il caricamento della pellicola, una soluzione più moderna e pratica. L’obiettivo “Rodenstock Periskop 1:11” poteva essere diaframmato mediante un disco forato, probabilmente fino a f/16. Caratteristiche aggiuntive come la filettatura per il treppiede, la presa per il cavo di scatto a distanza e l’otturatore a riarmo automatico completavano la dotazione tecnica, sorprendentemente ricca per una fotocamera economica.
Verso la fine degli anni ’30, sotto la direzione di Berthold Altmann, l’azienda iniziò a diversificare la propria produzione, entrando in segmenti di mercato più avanzati. Un ruolo significativo in questa evoluzione fu giocato dal meccanico Karl Heinrich Altmann, che sviluppò la linea di box camera “Altissa Box”, caratterizzata da soluzioni tecniche innovative e una costruzione più raffinata rispetto ai modelli standard.
Il 1937 segnò una svolta fondamentale nella strategia produttiva dell’azienda con l’introduzione della Altiflex, la prima e unica fotocamera reflex bi-obiettivo (TLR, Twin Lens Reflex) prodotta da Eho. La Altiflex rappresentava un significativo passo avanti in termini di complessità tecnica e posizionamento di mercato. Si trattava di una fotocamera per pellicola formato 120 (6×6 cm) con due obiettivi identici: uno per la messa a fuoco e l’inquadratura tramite un mirino reflex, l’altro per l’esposizione della pellicola.
La Altiflex era equipaggiata con un obiettivo Rodenstock Trinar 3,5/75mm, una lente di buona qualità con apertura massima di f/3,5 e lunghezza focale di 75mm. L’otturatore Prontor II offriva tempi da 1/1 a 1/175 di secondo, oltre alle posizioni “T” (time) e “B” (bulb) per esposizioni prolungate. La messa a fuoco era possibile da 1,5 metri all’infinito, una gamma standard per le fotocamere di questo tipo dell’epoca. La fotocamera era inoltre dotata di una presa sincro-flash di tipo PC sull’otturatore, caratteristica che la rendeva utilizzabile per la fotografia con illuminazione artificiale.
I modelli di punta: Altiflex e Altix
Nel panorama dei prodotti della Eho Kamera-Fabrik, due linee di fotocamere si distinsero per importanza tecnica e commerciale: la Altiflex, introdotta nel 1937, e la serie Altix, lanciata nel 1939. Questi modelli rappresentarono il tentativo dell’azienda di espandere la propria offerta verso segmenti di mercato più elevati, proponendo apparecchi tecnicamente più avanzati rispetto alle semplici box camera che avevano caratterizzato la produzione precedente.
La Altiflex, unica fotocamera reflex bi-obiettivo (TLR) mai prodotta dall’azienda, incarnava un concetto fotografico che stava guadagnando popolarità negli anni ’30. Il principio di base delle fotocamere TLR consiste nell’utilizzo di due obiettivi identici, posizionati uno sopra l’altro: quello superiore proietta l’immagine su uno schermo di messa a fuoco visibile attraverso un mirino a pozzetto, mentre quello inferiore espone la pellicola. Questo sistema offriva numerosi vantaggi rispetto alle fotocamere a mirino semplice: la possibilità di visualizzare esattamente l’inquadratura, controllare la messa a fuoco con precisione e vedere in tempo reale gli effetti della profondità di campo.
Dal punto di vista costruttivo, la Altiflex presentava un corpo metallico robusto, di forma parallelepieda, con dimensioni approssimative di 10x10x15 cm e un peso di circa 700 grammi. Il rivestimento esterno era in similpelle nera, con finiture metalliche cromate, secondo lo stile tipico delle fotocamere di fascia media dell’epoca. La parte superiore ospitava il mirino a pozzetto, che si apriva verso l’alto rivelando lo schermo di messa a fuoco in vetro smerigliato. Il sistema di trasporto della pellicola utilizzava una manovella sul lato destro della fotocamera, con una finestrella di controllo sul retro per verificare il corretto avanzamento del film.
L’obiettivo montato sulla Altiflex, il Rodenstock Trinar 3,5/75mm, rappresentava una scelta di qualità medio-alta. Il Trinar era un tripletto (tre elementi in tre gruppi), una formula ottica che offriva un buon compromesso tra qualità dell’immagine, luminosità e costo di produzione1. L’apertura massima di f/3,5 era considerata buona per una fotocamera di questa categoria, permettendo scatti in condizioni di luce non ottimali o l’utilizzo di tempi di posa più rapidi in buona illuminazione. La lunghezza focale di 75mm corrispondeva a un angolo di campo normale per il formato 6×6 cm, equivalente a circa 40mm nel formato 35mm.
L’otturatore Prontor II rappresentava un altro punto di forza della Altiflex. Prodotto dalla Gauthier, era un otturatore a tendina centrale di buona qualità, che offriva una gamma di tempi da 1 secondo a 1/175 di secondo, oltre alle posizioni T (Time, l’otturatore rimane aperto fino a una seconda pressione del pulsante di scatto) e B (Bulb, l’otturatore rimane aperto finché si tiene premuto il pulsante)1. La sincronizzazione flash tramite presa PC permetteva l’utilizzo di unità flash esterne, estendendo le possibilità d’uso della fotocamera in interni o in condizioni di scarsa illuminazione.
La Altiflex era disponibile in diverse varianti, che differivano principalmente per il tipo di obiettivo montato. Oltre alla versione con Rodenstock Trinar, esistevano modelli equipaggiati con obiettivi più economici come il Victar o altri prodotti da manifatture ottiche minori. Queste varianti permettevano di offrire la fotocamera a diversi livelli di prezzo, ampliando il potenziale mercato.
Nel 1939, Eho lanciò quella che sarebbe diventata la sua linea di prodotti più sofisticata e duratura: la serie Altix. A differenza della Altiflex e delle precedenti box camera, le Altix erano fotocamere a telemetro compatte per pellicola 35mm, un formato che stava rapidamente guadagnando popolarità grazie alla versatilità e ai costi contenuti rispetto alle pellicole di medio formato.
La prima Altix presentava un design elegante e compatto, con corpo in metallo, rivestimento in similpelle e finiture cromate. Il sistema di messa a fuoco utilizzava un telemetro accoppiato all’obiettivo, permettendo una regolazione precisa senza dover stimare la distanza. Il sistema di caricamento della pellicola era di tipo convenzionale, con avvolgimento manuale tramite una leva e riavvolgimento mediante una manovella estraibile.
La prima Altix presentava un design elegante e compatto, con corpo in metallo, rivestimento in similpelle e finiture cromate. Il sistema di messa a fuoco utilizzava un telemetro accoppiato all’obiettivo, permettendo una regolazione precisa senza dover stimare la distanza. Il sistema di caricamento della pellicola era di tipo convenzionale, con avvolgimento manuale tramite una leva e riavvolgimento mediante una manovella estraibile.
Gli obiettivi montati sulle prime Altix erano intercambiabili, utilizzando un attacco a baionetta proprietario. L’obiettivo standard era un Meyer Görlitz Primotar 50mm f/3,5, un’ottica di buona qualità prodotta da un’altra importante azienda sassone. L’otturatore, inizialmente un Compur o Prontor S, offriva tempi da 1 secondo a 1/300 di secondo.
La serie Altix continuò ad evolversi negli anni, con l’introduzione di numerosi modelli successivi che incorporavano miglioramenti tecnici e raffinamenti costruttivi. La produzione di questa linea proseguì anche dopo la guerra e la nazionalizzazione dell’azienda, diventando uno dei prodotti più rappresentativi del periodo VEB Altissa.
Sia la Altiflex che la serie Altix rappresentarono importanti passi avanti nella strategia di Eho Kamera-Fabrik, dimostrando la capacità dell’azienda di evolversi da produttore di fotocamere economiche a costruttore di apparecchi fotografici tecnicamente avanzati, in grado di competere con i prodotti di marchi più blasonati. Queste fotocamere contribuirono significativamente alla reputazione tecnica dell’azienda e costituirono la base per gli sviluppi successivi alla guerra.
La qualità costruttiva di entrambe le linee era notevole, con materiali solidi e lavorazioni precise, caratteristiche che riflettevano la tradizione dell’industria fotografica di Dresda, nota per gli elevati standard produttivi. Le soluzioni meccaniche adottate mostravano una profonda comprensione delle esigenze pratiche dei fotografi e una capacità di implementare meccanismi complessi mantenendo costi di produzione ragionevoli.
Dal punto di vista commerciale, queste linee di prodotto permisero all’azienda di posizionarsi in segmenti di mercato più remunerativi, pur mantenendo la produzione delle box camera economiche che avevano costituito la base del successo iniziale. Questa strategia di diversificazione del portafoglio prodotti, con offerte rivolte a diverse fasce di prezzo e tipologie di utenti, rappresentò una risposta efficace alle crescenti sfide competitive dell’industria fotografica tedesca degli anni pre-bellici.
Gli anni della guerra, ricostruzione e nazionalizzazione (1940-1952)
Il periodo compreso tra il 1940 e il 1952 rappresentò una fase turbolenta nella storia della Eho Kamera-Fabrik, segnata da cambiamenti di nome, distruzioni belliche, ricostruzione e infine nazionalizzazione sotto il regime della Germania Est. Questi anni riflettono le drammatiche trasformazioni politiche, economiche e sociali che investirono la Germania nel passaggio dall’era nazista alla divisione post-bellica.
All’inizio degli anni ’40, l’azienda attraversò un periodo di incertezza riguardo alla propria identità commerciale. Nel 1940, Berthold Altmann decise di rinominare l’impresa “Amca Werk Berthold Altmann” (dove “Amca” derivava da “Altmann-Cameras”). Tuttavia, questa denominazione ebbe vita breve: già nel 1941, l’azienda assunse il nome “Altissa-Camera-Werk Berthold Altmann“, che avrebbe mantenuto fino alla nazionalizzazione nel 1952. Il termine “Altissa” combinava elementi del nome del proprietario (Altmann) con il suffisso che richiamava i nomi di altre aziende fotografiche di successo, come Contessa o Ihagee.
Con l’intensificarsi del conflitto mondiale, l’economia tedesca venne progressivamente convertita alle esigenze belliche. Come molte altre aziende, anche la Altissa fu costretta a riorganizzare la propria produzione per supportare lo sforzo bellico. A partire dal 1940, l’azienda iniziò a fornire componenti per l’industria degli armamenti, riducendo la produzione di fotocamere civili5. I dettagli specifici della produzione bellica di Altissa non sono ampiamente documentati, ma probabilmente comprendevano componenti ottici e meccanici di precisione per apparecchiature militari, sfruttando le competenze tecniche sviluppate nella produzione fotografica.
Nonostante le crescenti difficoltà legate alla guerra, l’azienda tentò di mantenere una linea di produzione civile, continuando la fabbricazione di alcuni modelli di fotocamere, particolarmente della serie Altix. Tuttavia, le restrizioni sui materiali e la conversione degli impianti resero questa produzione sempre più limitata con l’avanzare del conflitto.
Il destino dell’azienda cambiò drasticamente nel febbraio 1945, quando lo stabilimento fu completamente distrutto durante i devastanti bombardamenti alleati su Dresda. L’intera infrastruttura produttiva andò perduta, insieme a macchinari, attrezzature, scorte di materiali e, probabilmente, anche documentazione tecnica e amministrativa. Questo evento catastrofico segnò una cesura netta nella storia dell’azienda, costringendola a un completo azzeramento.
Il periodo immediatamente successivo alla fine della guerra fu caratterizzato da enormi difficoltà: carenza di materie prime, infrastrutture distrutte, incertezza politica ed economica. Nonostante queste avversità, già nel 1946 Berthold Altmann riuscì ad avviare la ricostruzione dell’attività in una nuova sede situata in Blasewitzer Straße 17. La ripresa produttiva iniziò con circa 30 dipendenti, meno della metà della forza lavoro pre-bellica, e dovette affrontare numerose limitazioni pratiche, dalle difficoltà di approvvigionamento dei materiali alla scarsità di macchinari specializzati.
Inizialmente, la produzione post-bellica si concentrò su prodotti semplici che richiedevano attrezzature limitate, probabilmente accessori fotografici e componenti. A partire dal 1948, l’azienda riprese la produzione di fotocamere complete, iniziando con modelli relativamente semplici della serie Altissa Box. La fabbricazione della più sofisticata serie Altix riprese negli anni successivi, con l’introduzione di nuovi modelli come l’Altix IV.
Il contesto politico in cui operava l’azienda era tuttavia radicalmente cambiato. Dresda si trovava nella zona di occupazione sovietica, che nel 1949 sarebbe diventata la Repubblica Democratica Tedesca (DDR). Il nuovo regime comunista iniziò presto a implementare politiche di statalizzazione dell’economia, prendendo di mira particolarmente le aziende private di medie e grandi dimensioni.
Nel 1950, la Altissa era ancora un’impresa privata, impiegava circa 160 lavoratori e manteneva una significativa capacità produttiva. Tuttavia, la pressione politica sul settore privato stava aumentando. In questo contesto, Berthold Altmann decise di trasferirsi nella Germania Ovest, prevedendo probabilmente le difficoltà che avrebbe incontrato come imprenditore privato sotto il regime comunista.
La decisione di Altmann ebbe conseguenze drammatiche. In sua assenza, venne condannato dal sistema giudiziario della Germania Est, presumibilmente con accuse di natura politica o economica4. Come conseguenza diretta di questa condanna, nel 1952 l’azienda venne nazionalizzata e trasformata in “VEB Altissa Camera Werk” (Volkseigener Betrieb, “Impresa di Proprietà del Popolo”). Questo passaggio dalla proprietà privata al controllo statale rappresentò una svolta fondamentale nella storia dell’azienda, inserendola nel sistema di economia pianificata della Germania Est.
La nazionalizzazione comportò significativi cambiamenti nella gestione e nell’organizzazione aziendale. La direzione venne assunta da funzionari nominati dallo stato, le politiche produttive divennero soggette alla pianificazione centralizzata e gli obiettivi aziendali furono riorientati per allinearsi alle priorità economiche del regime. Nonostante questi cambiamenti strutturali, l’azienda mantenne gran parte del suo know-how tecnico e continuò a sviluppare e produrre fotocamere di qualità, particolarmente la serie Altix, che venne ulteriormente evoluta con l’introduzione dell’Altix IV nel 1952.
La VEB Altissa Camera Werk rappresentò un caso emblematico della trasformazione dell’industria tedesca orientale nel dopoguerra: un’azienda privata di media dimensione, con una solida tradizione tecnica, integrata nel nuovo sistema economico socialista. Questo processo, ripetuto in numerosi settori industriali, contribuì alla creazione di un’industria fotografica di stato nella Germania Est che, nonostante le limitazioni del sistema economico pianificato, mantenne una significativa capacità produttiva e tecnica.
Il periodo VEB e la fine della produzione (1952-1961)
Con la trasformazione in VEB Altissa Camera Werk nel 1952, l’azienda entrò in una nuova fase della sua storia, caratterizzata dall’integrazione nel sistema economico pianificato della Germania Est. Questo periodo, che si estese fino alla cessazione della produzione nel 1961, vide significativi sviluppi tecnici, ma anche crescenti difficoltà legate ai limiti strutturali dell’economia socialista e alla riorganizzazione dell’industria fotografica della DDR.
Sotto la gestione statale, la VEB Altissa mantenne inizialmente una certa continuità con la produzione precedente, concentrandosi principalmente sulla serie Altix, che rappresentava il prodotto tecnicamente più avanzato e commercialmente più promettente. L’Altix IV, introdotta nel 1952, divenne il modello di punta della nuova era statale. Questa fotocamera a telemetro per pellicola 35mm presentava numerosi miglioramenti rispetto ai modelli pre-bellici, inclusi un telemetro più preciso, un otturatore migliorato e finiture di qualità superiore.
La costruzione dell’Altix IV era solida, con corpo in metallo pressofuso, rivestimenti in similpelle di buona qualità e finiture cromate. Il sistema di messa a fuoco utilizzava un telemetro accoppiato con base relativamente lunga, che garantiva una buona precisione. L’obiettivo standard era generalmente un Meyer-Optik Primotar 50mm f/3,5, ma erano disponibili anche altre opzioni, inclusi obiettivi più luminosi come il Primotar 50mm f/2,8 o il più pregiato Meritar 50mm f/2,9.
L’otturatore montato sull’Altix IV era un Cludor, prodotto dalla VEB Belca, con tempi da 1 secondo a 1/250 di secondo, oltre alle posizioni B e T. La sincronizzazione flash era presente tramite presa standard PC. Il sistema di avanzamento della pellicola utilizzava una leva a corsa parziale, un miglioramento ergonomico rispetto alla manopola dei modelli precedenti.
Un aspetto interessante dell’Altix IV era il sistema di innesto degli obiettivi. L’attacco a baionetta proprietario permetteva il montaggio di una gamma limitata ma significativa di ottiche intercambiabili, tutte prodotte da Meyer-Optik, un’altra azienda sassone nazionalizzata. Oltre agli obiettivi standard da 50mm, erano disponibili ottiche grandangolari come il Lydith 30mm f/3,5 e teleobiettivi come il Meritar 135mm f/4,5.
Nonostante i progressi tecnici, la VEB Altissa Camera Werk affrontò crescenti difficoltà economiche e organizzative. L’economia pianificata della Germania Est presentava limiti strutturali, come la scarsità di materiali, la mancanza di flessibilità nel mercato e la priorità accordata alle produzioni strategiche rispetto a quelle di consumo. Inoltre, l’industria fotografica della DDR subì una riorganizzazione che portò alla concentrazione della produzione in poche grandi aziende, come la VEB Pentacon, che divenne il principale produttore di fotocamere della Germania Est.
Nel 1961, la VEB Altissa Camera Werk cessò definitivamente la produzione di fotocamere. La decisione fu probabilmente influenzata dalla concentrazione delle risorse in pochi grandi produttori, come Pentacon, che produceva la famosa Praktica, e dalla necessità di razionalizzare l’industria fotografica della DDR. Gli impianti e le competenze tecniche della VEB Altissa vennero probabilmente assorbiti da altre aziende statali, contribuendo alla produzione di fotocamere e accessori fotografici in un contesto più centralizzato.
La fine della produzione della VEB Altissa Camera Werk segnò la conclusione di un capitolo importante nella storia della fotografia tedesca. L’azienda, che aveva iniziato come piccola manifattura di fotocamere economiche e si era evoluta in un produttore di apparecchi fotografici avanzati, lasciò un’eredità tecnica e culturale significativa, contribuendo alla diffusione della fotografia tra il grande pubblico e sviluppando prodotti che rimangono ancora oggi apprezzati dagli appassionati di fotografia vintage.