Nel 1858, l’innovazione fotografica si unì al mondo dell’aeronautica, aprendo nuove frontiere nella documentazione visuale. Questo momento segnò un punto di incontro tra la capacità umana di volare e la tecnologia fotografica emergente. Fu in questo contesto che il fotografo francese Gaspard-Félix Tournachon, noto come Nadar, realizzò un passo epocale nella storia della fotografia.

Nadar ebbe l’audace idea di catturare immagini aeree dalla prospettiva unica di un pallone aerostatico. Nel 1858, utilizzando uno strumento fotografico montato su un pallone, Nadar scattò le prime fotografie aeree documentate. Anche se le sue opere originali sono andate perdute nel corso del tempo, la sua iniziativa segnò l’inizio di una nuova era nella visualizzazione e nella rappresentazione delle città e dei paesaggi dall’alto.

Tuttavia, è interessante notare che la fotografia aerea sopravvissuta più antica che ci è giunta non è opera di Nadar. Questo “titolo” spetta alla fotografia intitolata “Boston, come la vedono l’aquila e l’oca selvatica“, scattata da James Wallace Black nell’ottobre del 1860. Da un’altitudine di circa 2.000 piedi, questa foto offre uno sguardo affascinante sulla città di Boston.

Questa immagine rivela non solo il progresso tecnologico, ma anche la crescente curiosità dell’umanità di esplorare l’ambiente circostante da nuove prospettive. Le prime fotografie aeree hanno gettato le basi per ulteriori sviluppi nell’ambito della fotografia documentaria e hanno aperto la strada a nuove possibilità creative. La capacità di catturare immagini dalla prospettiva del cielo ha permesso di scoprire angoli nascosti e dettagli sorprendenti delle città e dei paesaggi, rivelando nuove dimensioni visive e narrative.

La più antica foto aerea giunta a noi. dominio pubblico tramite MET Museum
La più antica foto aerea giunta a noi. dominio pubblico tramite MET Museum

Nel 1859, il mondo della fotografia compì un altro notevole passo in avanti grazie a un’importante innovazione: la creazione della tecnologia del flash. Questo progresso fu reso possibile grazie agli sforzi congiunti del chimico inglese Henry Enfield Roscoe e del fisico tedesco Robert Wilhelm Eberhard.

La loro invenzione si basava sull’utilizzo del magnesio, un elemento chimico altamente reattivo e infiammabile. L’idea dietro questa innovazione era di utilizzare il magnesio come fonte luminosa intensa e istantanea per illuminare gli ambienti in cui si volevano scattare fotografie. Il magnesio poteva essere infiammato all’occorrenza, creando una luce brillante e potente che consentiva di catturare immagini anche in condizioni di scarsa illuminazione.

L’introduzione del flash rivoluzionò il mondo della fotografia, superando le sfide legate alla scarsa luminosità e aprendo nuove possibilità creative. Prima di questa invenzione, le fotografie scattate in ambienti poco illuminati erano spesso di scarsa qualità o addirittura impossibili da ottenere. Il flash permetteva di catturare dettagli e immagini nitide anche in condizioni di luce limitata.

Questa innovazione ebbe un impatto significativo su diversi ambiti fotografici, dall’architettura alla fotografia di ritratto, dall’esplorazione di luoghi oscuri alla documentazione di eventi in ambienti interni. Il flash rese possibile immortalare momenti e dettagli altrimenti invisibili, contribuendo all’espansione delle possibilità espressive della fotografia stessa.

La sperimentazione per ottenere materiali a colori validi si basava sulle ricerche sulla visione umana condotte in Inghilterra da Thomas Young all’inizio dell’Ottocento, successivamente elaborate da Hermann von Helmholtz in Germania. Questi ricercatori hanno sostenuto che tutti i colori in natura sono combinazioni di tre colori primari: rosso, blu e verde. L’intera gamma di colori spettrali può essere duplicata sia aggiungendo porzioni delle primarie insieme sia sottraendole con l’uso di filtri di colori complementari. E su questo si basò una delle invenzioni più importanti in ambito fotografico, data 1861. In quest’anno James Clerk Maxwell sviluppò quella che potremmo definire l’antesignano del sensore fotografico “analogico”, o meglio dell’RGB: in pratica dimostrò come la sovrapposizione dei filtri rosso, verde e blu restituivano una immagine a colori. Per dimostrare ciò, Maxwell fotografò tre volte la stoffa tipica scozzese dei kilt, ponendo sopra l’obiettivo i tre filtri colorati. Le tre lastre vennero quindi sviluppate in tre diapositive che vennero proiettate per “sovrapposizione” tramite tre proiettori a cui furono applicati i medesimi filtri: il risultato fu un’immagine a colori dell’oggetto fotografato. Maxwell fu coadiuvato da Thomas Sutton, nome passato alla storia in quanto per primo costruì e brevettò la prima reflex della storia nonché colui che per primo applicò l’idea di Maxwell fotografando un soggetto a colori.

Nota: È importante sottolineare che l’evoluzione verso la fotografia a colori rappresentò una pietra miliare nell’ambito dell’arte fotografica. Benché la prima fotografia a colori formale risalga al 1861, già nel 1851 il chimico Niépce de St-Victor gettò le basi per questo sviluppo, dimostrando un potenziale rivoluzionario.

Niépce de St-Victor sperimentò con l’idea di utilizzare una lastra d’argento rivestita di uno strato di cloruro di argento puro per catturare i colori direttamente. Questo approccio fu una svolta innovativa, poiché fino a quel momento la fotografia si era concentrata principalmente sulla riproduzione in bianco e nero. Tuttavia, questa prima incursione nella fotografia a colori presentava una sfida fondamentale: l’instabilità dei colori riprodotti.

Sebbene la tecnica dimostrasse il potenziale per la riproduzione dei colori, l’instabilità dei pigmenti e delle sostanze chimiche coinvolte limitava la praticità e la durata delle immagini a colori ottenute. Questo risultato servì da punto di partenza per ulteriori ricerche e sperimentazioni nel campo della fotografia a colori.

Non tutto comunque è colore, anzi: nel 1865 venne brevettato un nuovo sistema per ottenere stampe positive permanenti non all’argento e che rispondeva al nome di Woodburytype dal nome del suo inventore Walter Woodbury. Il processo prevedeva la realizzazione di un’immagine in rilievo da un negativo in gelatina dicromato da cui veniva formato un sottile stampo di piombo in una pressa idraulica. Riempito con inchiostro gelatinoso caldo e pigmentato, lo stampo veniva portata a contatto con la carta in una pressa a mano, trasferendo così l’immagine pigmentata dallo stampo alla superficie della carta sotto pressione e richiedendo, dopo l’indurimento della gelatina in un bagno di allume, la rifilatura dei suoi bordi per rimuovere l’inchiostro colato lateralmente. Si trattava di un processo meccanico più che un processo strettamente fotochimico, che ha prodotto stampe dall’aspetto ricco con una struttura a grana grossa molto apprezzate al tempo

Il 23 novembre 1868, il fotografo francese Louis Ducos du Hauron brevettò la sintesi sottrattiva tricromatico, il procedimento alla base della fotografia “a colori”. Nacque quindi ufficialmente la fotografia a colori. L’anno successivo, lo stesso fotografo realizzò la prima fotografia a colori applicando il principio dimostrato da Maxwell, ovvero la decomposizione della luce in tre colori primari: rosso, giallo e blu. Realizzò tre foto dello stesso soggetto, ognuna delle quali attraverso un filtro diverso: una rossa, una gialla e una blu. Ottenne quindi tre positivi che colorò con il colore corrispondente a ciascun filtro. Sovrapponendo nel proiettore le tre fotografie, ottenne la riproduzione del colore.

Nel 1869, un momento di significativa trasformazione si verificò nell’ambito della fotografia quando l’ottico e imprenditore tedesco Ernst Leitz acquisì l’Optisches Institut di Carl Kellner e le diede un nuovo nome: nasceva così la Lei(tz)Ca(mera). Questa mossa segnò l’inizio di un’importante era nell’industria fotografica, con conseguenze durature per la qualità e l’accessibilità delle apparecchiature fotografiche.

Tuttavia, la vera rivoluzione nella qualità fotografica giunse nel 1871 con l’invenzione di un innovativo sistema a secco da parte di Richard Leach Maddox. Questo sistema introdusse una trasformazione epocale nell’industria fotografica, aprendo nuovi orizzonti per la produzione delle lastre sensibili alla luce.

Prima dell’introduzione del sistema a secco, il processo fotografico richiedeva l’utilizzo di lastre “umide”, un procedimento che comportava la preparazione immediata e la manipolazione delle lastre stesse. Questo approccio era laborioso, complicato e richiedeva condizioni di lavoro particolari. L’invenzione di Maddox, che utilizzava lastre alla gelatina di bromuro di cadmio e nitrato d’argento come elemento fotosensibile, consentì di eliminare la necessità di lavorare con lastre bagnate.

Il sistema a secco non solo semplificò il processo fotografico, ma contribuì anche in modo significativo all’aumento della portabilità delle lastre fotografiche. Questo risultato ebbe un impatto notevole sulla pratica fotografica, consentendo ai fotografi di operare in luoghi diversi e di spostarsi agevolmente con il proprio equipaggiamento. Questa innovazione rappresentò una svolta nel modo in cui le immagini venivano catturate e prodotte, aprendo la strada a nuove possibilità creative e all’espansione dell’arte fotografica.

Nello stesso anno, il francese Ducos du Hauron sua pubblicazione del 1869 Les Couleurs en photographic (Fotografia a colori), propose un metodo alternativo a quello di Maxwell, con il quale la teoria degli additivi poteva dare luogo a un’immagine a colori. Questo consisteva in un ghiaione governato da linee sottili nei colori primari che, se opportunamente bloccate dai loro complementi, avrebbero prodotto tutte le sfumature della natura.  In altre parole, le primarie dovevano essere racchiuse in un unico negativo invece che in tre. Ducos du Hauron non sperimentò con precisione questa idea, ma nel 1894 John Joly a Dublino produsse un tale schermo governando i coloranti all’anilina rossa, verde e blu su una lastra di vetro rivestita di gelatina. Questa, usata in combinazione con una piastra ortocromatica asciutta e un filtro giallo, diede come risultato un’immagine a colori limitata nella precisione dalla mancanza di sensibilità delle piastre allora in uso. Un processo simile ma migliorato, brevettato nel 1897 a Chicago, si rivelò troppo costoso, ma l’Autocromo, un processo inventato nel 1904 dai fratelli Lumiere di Lione, produsse il primo materiale a colori commercialmente fattibile basato su questa idea (lo vedremo più avanti).

Veduta di Agen, fotografia del 1877 di Louis Ducos du Hauron. Immagine di pubblico dominio
Veduta di Agen, fotografia del 1877 di Louis Ducos du Hauron. Immagine di pubblico dominio
La prima fotografia a colori realizzata con il metodo a tre colori suggerito da James Clerk Maxwell nel 1855, realizzata nel 1861 da Thomas Sutton. Il soggetto è un nastro colorato. Wikipedia
La prima fotografia a colori realizzata con il metodo a tre colori suggerito da James Clerk Maxwell nel 1855, realizzata nel 1861 da Thomas Sutton. Il soggetto è un nastro colorato. Wikipedia

L’ingombrante natura del collodio umido su vetro ha portato a continui sforzi per trovare altri supporti chimici per i negativi in particolare durante il terzo trimestre del XIX secolo. Le lastre al collodio secco, inventate dallo scienziato francese Dr. J. M. Taupenot e prodotte in Inghilterra nel 1860, erano troppo lente in azione per sostituire la lastra bagnata. Alla fine del 1870, gli esperimenti del medico inglese Dr. Richard Leach Maddox per sostituire una piastra di gelatina bromuro con il collodio e le raffinatezze apportate nel 1873 da John Burgess e Richard Kennett, e nel 1878 da Charles Harper Bennet, hanno portato a un piatto secco facilmente trasportabile. Queste antesignane delle pellicole apparvero sul mercato nel 1878 e ben presto furono prodotte da aziende in Europa e negli Stati Uniti, inaugurando una nuova era nella fotografia. Composto inizialmente da un supporto di vetro rivestito con un’emulsione di bromuro d’argento su una gelatina appositamente preparata (prodotta per “maturazione” o “digestione”), il fragile vetro fu sostituito dalla celluloide nel 1883, dopo che era diventato possibile produrre questo materiale in lastre standardizzate di circa 0,025 centimetri di spessore.

Durante questo periodo, l’industria fotografica stava rapidamente assumendo le caratteristiche che riconosciamo oggi. Nuove aziende cominciarono ad emergere nell’ambito, contribuendo a definire il panorama fotografico in modo sempre più distintivo. Un passo significativo in questa direzione si verificò nel 1867, quando venne fondata una società tedesca che sarebbe divenuta un nome familiare: la Agfa. Questa azienda avrebbe lasciato un’impronta duratura nel settore fotografico e oltre, contribuendo alla creazione di prodotti e tecnologie di rilevanza mondiale.

Sei anni più tardi, nel 1873, fu la volta della creazione di un’altra azienda chiave nel settore, la giapponese Konica. Questa mossa rappresentò un passo significativo per l’industria fotografica globale, contribuendo a portare l’innovazione e la creatività dal Giappone al mondo intero. Nel 1879, anche il Regno Unito si unì al panorama delle aziende fotografiche con la fondazione di Ilford, un altro nome che sarebbe divenuto riconoscibile e rispettato nel settore.

Queste fondazioni testimoniano la crescita e l’espansione dell’industria fotografica in tutto il mondo. Le aziende come Agfa, Konica e Ilford avrebbero contribuito in modo significativo allo sviluppo di nuove tecnologie, materiali e attrezzature fotografiche, influenzando la pratica e la produzione di immagini fotografiche a livello globale

Il 1879 fu anche l’anno del primo brevetto di George Eastman (di cui parleremo a breve) relativo alla prima macchina automatica per la stesura dell’emulsione su fogli di carta.

Nel frangente che precedette la fine del decennio, il panorama fotografico vide l’emergere di una serie di invenzioni che avrebbero aperto nuovi orizzonti nell’arte e nella scienza fotografica. Questi sviluppi rappresentarono una dimostrazione tangibile della crescente potenzialità e versatilità della tecnologia fotografica.

Tra queste invenzioni di rilievo, spiccarono la microcamera, un’apparecchiatura compatta e versatile che avrebbe aperto nuove prospettive per la fotografia, consentendo la cattura di dettagli minuti e angoli inaccessibili con attrezzature più grandi. Inoltre, il foto fucile, creato da Etienne Marey, rappresentava una soluzione innovativa per catturare l’effimero volo degli uccelli, consentendo uno studio dettagliato dei loro movimenti in aria.

Parallelamente, le foto segnaletiche introdotte da Alphonse Bertillon, prefetto parigino, rappresentarono un nuovo utilizzo della fotografia nel campo dell’identificazione criminale e dell’archiviazione di informazioni. Questa innovazione dimostrò il potenziale della fotografia per scopi di riconoscimento e identificazione, gettando le basi per l’evoluzione delle tecniche investigative.

Inoltre, un altro importante traguardo scientifico fu raggiunto grazie all’Italiano Francesco Negri, che realizzò la prima foto di un microorganismo, in particolare il bacillo del colera. Questo risultato aprì nuove possibilità per la fotografia come strumento di indagine scientifica e medica, consentendo una comprensione più approfondita del mondo microscopico.

Nel 1881, un altro importante passo avanti nel mondo della fotografia fu compiuto grazie alla collaborazione tra Eder e Pizzighelli, con la nascita della carta al cloruro d’argento. Questa invenzione rappresentò un momento cruciale nell’evoluzione verso gli apparecchi fotografici moderni, introducendo una nuova opzione per la stampa fotografica e contribuendo a migliorare la qualità complessiva delle immagini.

Tuttavia, il 1881 non fu solo testimone della nascita della carta al cloruro d’argento. In quell’anno, vi furono altre scoperte significative nel mondo della fotografia. Ad esempio, fu anche l’anno in cui il fotografo e inventore David Houston ottenne il brevetto per una fotocamera portatile. Questo fu un passo importante verso la creazione di apparecchi fotografici più compatti e facilmente trasportabili, aprendo la strada alla fotografia su larga scala nelle situazioni quotidiane.

Inoltre, nel 1881, l’ingegnere tedesco Hermann Wilhelm Vogel fece importanti progressi nella ricerca sulla sensibilità spettrale delle lastre fotografiche, contribuendo a una migliore comprensione di come i diversi tipi di luce influenzino la resa fotografica. Questo studio approfondito dell’interazione tra luce e materiale fotosensibile sarebbe stato fondamentale per lo sviluppo di tecnologie future nel campo della fotografia.

Infine, proprio in questo periodo, fu anche sviluppato un sistema di fotografia a colori da parte di Louis Ducos du Hauron, con la creazione della tricromia sottrattiva. Anche se questo sistema non fu ampiamente adottato all’epoca, rappresentò un importante passo in avanti nell’ambito della fotografia a colori, aprendo la strada a ulteriori ricerche e innovazioni nel campo