La storia della Goltz & Breutmann inizia nel 1898, quando Hugo Breutmann fondò a Berlino una propria azienda dedicata alla produzione di apparecchi fotografici. Questo periodo storico rappresentava un momento cruciale per lo sviluppo della fotografia: la tecnologia fotografica stava rapidamente evolvendo da strumento esclusivo di professionisti e scienziati a mezzo più accessibile per un pubblico più ampio, anche grazie all’introduzione della prima Kodak camera da parte di George Eastman nel 1888.
Nel panorama della produzione fotografica tedesca, già allora all’avanguardia mondiale, Breutmann riuscì a ritagliarsi uno spazio grazie alla specializzazione in un segmento tecnico particolare. L’anno successivo alla fondazione, nel 1899, il venditore Frantz Goltz si unì all’impresa come co-proprietario, portando probabilmente con sé competenze commerciali che si integravano con il know-how tecnico di Breutmann. La società assunse così la denominazione ufficiale di “Goltz & Breutmann OHG Fabrik für photographische Apparate” (Fabbrica di apparecchi fotografici Goltz & Breutmann), segnando l’inizio di una collaborazione che avrebbe caratterizzato lo sviluppo dell’azienda per i decenni successivi.
La particolarità tecnica che contraddistingueva le macchine prodotte dall’azienda risiedeva nell’adozione dell’otturatore a tendina sul piano focale, una soluzione tecnica che permetteva di raggiungere tempi di scatto significativamente più rapidi rispetto a quelli ottenibili con gli otturatori centrali a lamelle. Questa caratteristica tecnica divenne fin da subito il tratto distintivo della produzione, al punto che le fotocamere vennero commercializzate con il marchio Mentor, nome che sarebbe diventato sinonimo dell’azienda stessa negli anni a venire.
Dopo un periodo relativamente breve, la compagine societaria subì un cambiamento significativo quando Goltz lasciò l’impresa, venendo sostituito dall’uomo d’affari Gustav Adolf Heinrich. Questo avvicendamento, pur non comportando modifiche alla denominazione sociale dell’azienda, si rivelò decisivo per lo sviluppo dell’attività. Heinrich, infatti, impresse una forte spinta all’espansione dell’impresa, concretizzatasi in una decisione strategica fondamentale: il trasferimento della sede produttiva da Berlino a Dresda, città che rappresentava già all’epoca il più importante distretto industriale tedesco nel campo della fotografia.
La scelta di spostare la produzione a Dresda non fu casuale ma rispondeva a una precisa strategia imprenditoriale. La città sassone era infatti già sede del più grande distretto fotografico europeo, con la presenza di numerose aziende del settore come Ernemann, ICA, Hüttig e molte altre1. Questo ambiente industriale specializzato offriva numerosi vantaggi: la possibilità di rimanere costantemente aggiornati sulle innovazioni tecniche, la disponibilità di manodopera specializzata, la vicinanza ai fornitori di componenti e l’accesso facilitato ai canali distributivi. Il trasferimento a Dresda significava posizionarsi nel cuore pulsante dell’industria fotografica tedesca ed europea.
Durante questo primo periodo, la produzione della Goltz & Breutmann si concentrò essenzialmente su diversi modelli della fotocamera Mentor, sviluppando progressivamente varianti sempre più raffinate e tecnicamente avanzate dello stesso concetto base. Questa continuità produttiva fu interrotta dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale, evento che segnò una cesura nella storia dell’azienda1. Come molte altre imprese tedesche, anche la Goltz & Breutmann fu chiamata a contribuire allo sforzo bellico, riconvertendo la propria produzione verso applicazioni militari. L’azienda si dedicò quasi esclusivamente alla costruzione di fotocamere ed attrezzature per la fotografia aerea1, un settore che stava assumendo crescente importanza strategica nelle operazioni di ricognizione e nell’intelligence militare.
Al termine del conflitto, con la sconfitta della Germania e le difficili condizioni economiche imposte dal Trattato di Versailles, l’azienda dovette affrontare la sfida della riconversione alla produzione civile in un contesto economico estremamente complesso. Nonostante ciò, la produzione di fotocamere per uso civile riprese gradualmente e nel 1921 venne formalizzato un cambiamento nella denominazione sociale: l’azienda divenne ufficialmente “Mentor Kamerafabrik Goltz & Breutmann”, sancendo così anche a livello formale l’identificazione dell’impresa con il suo prodotto di punta.
L’Evoluzione Tecnica delle Fotocamere Mentor
La produzione della Goltz & Breutmann si distingueva per l’eccellenza tecnica e l’innovazione costante, elementi che permisero all’azienda di conquistare una posizione di rilievo nel mercato delle fotocamere professionali. Il marchio Mentor divenne sinonimo di qualità e prestazioni elevate, riuscendo a competere con costruttori più grandi grazie a soluzioni tecniche all’avanguardia e a una sapiente combinazione di artigianalità e precisione meccanica.
La gamma di prodotti Mentor comprendeva essenzialmente due tipologie di fotocamere: le reflex monoobiettivo (SLR, Single Lens Reflex) e le fotocamere a piastra pieghevoli con struttura rigida (folding). Entrambe le tipologie erano disponibili in diversi formati, per soddisfare le esigenze di diverse categorie di professionisti: dal formato 6,5 x 9 cm, adatto per reportage e fotografia commerciale, fino al prestigioso formato 13 x 18 cm, utilizzato principalmente in ambito ritrattistico e per fotografia di studio. La versatilità in termini di formati rappresentava un punto di forza commerciale, permettendo all’azienda di rivolgersi a un’ampia gamma di professionisti con esigenze specifiche.
Le fotocamere Mentor erano caratterizzate da una costruzione robusta e da componenti di elevata qualità ottico-meccanica. I corpi macchina erano tipicamente realizzati in legno pregiato con rifiniture in metallo, garantendo sia stabilità strutturale che eleganza estetica. Le parti meccaniche venivano prodotte con tolleranze minime, assicurando precisione nei movimenti e affidabilità nel tempo. Questi elevati standard qualitativi resero le Mentor particolarmente apprezzate dai professionisti dell’epoca, come testimoniato dall’utilizzo di una Mentor 13 x 18 da parte del noto fotografo italiano Piero Vasconi, capostipite della “dinastia” di fotografi di Cernobbio.
Dal punto di vista ottico, le fotocamere Mentor potevano essere equipaggiate con obiettivi di diversi produttori di primo livello. La Goltz & Breutmann, infatti, non produceva direttamente le lenti ma si avvaleva della collaborazione con prestigiosi produttori ottici tedeschi come Zeiss, Goerz e Meyer, montando sui propri corpi macchina obiettivi di alta qualità che contribuivano significativamente alle prestazioni complessive dell’apparecchio. Questa scelta permetteva all’azienda di concentrarsi sull’eccellenza meccanica pur offrendo soluzioni ottiche all’avanguardia.
Un modello particolarmente significativo nella produzione Mentor fu la Spiegel Reflex Kamera, una fotocamera reflex disponibile anche nella versione stereo, che rappresentava un esempio eccellente della capacità dell’azienda di incorporare soluzioni tecniche innovative. La versione stereoscopica permetteva di realizzare fotografie tridimensionali, molto apprezzate all’epoca sia per scopi scientifici che come forma di intrattenimento domestico. La realizzazione di una macchina stereoscopica reflex rappresentava una sfida tecnica considerevole, che la Goltz & Breutmann affrontò con successo, dimostrando le proprie capacità progettuali e costruttive.
Nel catalogo delle innovazioni tecniche introdotte dall’azienda, un posto di rilievo spetta alla Mentorett, progettata nel 1936. Si trattava di una fotocamera biottica (TLR, Twin Lens Reflex) che, curiosamente e contrariamente alla prassi costruttiva dell’epoca per questo tipo di apparecchi, era dotata di otturatore sul piano focale anziché di otturatore centrale. Questa scelta progettuale insolita combinava i vantaggi della configurazione TLR (facilità d’uso, assenza di vibrazioni dovute al movimento dello specchio durante lo scatto) con i benefici dell’otturatore a tendina (tempi di posa più rapidi, sincronizzazione uniforme su tutta l’area del fotogramma), creando un apparecchio dalle caratteristiche ibride e innovative.
La Mentor Reflex 9×9 cm rappresenta un altro esempio significativo della produzione dell’azienda. Questo modello, databile intorno al 1925, era una fotocamera reflex monoobiettivo di formato quadrato progettata per l’utilizzo di pellicola piana (sheet film). Era equipaggiata con un otturatore a tendina meccanico sul piano focale e un obiettivo con apertura massima di f/6.8 e lunghezza focale di 240 mm. La messa a fuoco era manuale, come tipico dell’epoca, e l’apparecchio si distingueva per la robustezza costruttiva e la precisione meccanica.
Nel corso degli anni, la Goltz & Breutmann continuò a perfezionare la propria produzione, introducendo progressivamente miglioramenti tecnici come sistemi di messa a fuoco più precisi, otturatori più affidabili e veloci, e migliori sistemi di visualizzazione dell’immagine. Particolare attenzione venne dedicata al perfezionamento dell’otturatore a tendina in tessuto, un componente cruciale che rappresentava il vero punto di forza tecnico delle fotocamere Mentor. Gli ingegneri dell’azienda riuscirono a sviluppare otturatori capaci di raggiungere velocità fino a 1/1000 di secondo5, prestazioni notevoli per l’epoca che permettevano di “congelare” anche soggetti in rapido movimento, aprendo nuove possibilità espressive per i fotografi.
Gli Otturatori a Tendina: Il Punto di Forza della Goltz & Breutmann
L’elemento tecnico che più di ogni altro ha caratterizzato la produzione della Goltz & Breutmann è stato senza dubbio l’otturatore a tendina sul piano focale, una soluzione costruttiva che rappresentava il vero fiore all’occhiello dell’azienda e che ha contribuito in modo determinante al successo commerciale delle fotocamere Mentor. Per comprendere appieno l’importanza di questa scelta tecnica, è necessario analizzare la natura e il funzionamento degli otturatori fotografici, confrontando le due principali tipologie dell’epoca: l’otturatore centrale e quello a tendina.
L’otturatore fotografico è un dispositivo fondamentale in ogni macchina fotografica, poiché controlla il tempo durante il quale la luce può impressionare la pellicola o, nelle moderne fotocamere digitali, raggiungere il sensore. Insieme al diaframma, che regola la quantità di luce che passa attraverso l’obiettivo, l’otturatore determina l’esposizione della fotografia. Il controllo preciso di questo elemento è essenziale per ottenere immagini correttamente esposte ed evitare problemi come sovraesposizione o sottoesposizione.
Nel periodo storico in cui operava la Goltz & Breutmann esistevano principalmente due tipi di otturatori: l’otturatore centrale (o a lamelle) e l’otturatore a tendina (o a piano focale). Ciascuno presentava caratteristiche tecniche distintive, con vantaggi e svantaggi specifici, che influenzavano significativamente le prestazioni complessive della fotocamera.
L’otturatore centrale, il più antico dei due, era posizionato all’interno dell’obiettivo e consisteva in un sistema di lamelle metalliche che, aprendosi e chiudendosi in modo concentrico durante la fase di scatto, permettevano il passaggio della luce. Il meccanismo era simile a quello del diaframma, ma mentre quest’ultimo rimaneva aperto per tutta la durata dell’esposizione, l’otturatore si apriva solo per il tempo necessario a realizzare lo scatto. Questo tipo di otturatore offriva alcuni vantaggi significativi: era relativamente compatto, permetteva una buona sincronizzazione con i flash (anche a tempi relativamente brevi) e garantiva un’illuminazione uniforme dell’intero fotogramma. Tuttavia, presentava anche importanti limitazioni, la principale delle quali era l’impossibilità di raggiungere tempi di posa molto rapidi, tipicamente non oltre 1/500 di secondo, a causa dei limiti fisici del movimento meccanico delle lamelle.
L’otturatore a tendina, invece, era posizionato direttamente davanti al piano focale (cioè in prossimità della pellicola) e consisteva in un sistema di tendine in tessuto o metallo che scorrevano davanti alla superficie sensibile. Il principio di funzionamento era basato su una fessura mobile che si spostava davanti alla pellicola: la larghezza della fessura e la velocità di scorrimento delle tendine determinavano il tempo di esposizione. Questo sistema, tecnicamente più complesso, permetteva di raggiungere tempi di posa molto più rapidi rispetto all’otturatore centrale, fino a 1/1000 di secondo o anche oltre nelle versioni più avanzate, consentendo così di “congelare” anche soggetti in rapido movimento. Il principale svantaggio era legato alla sincronizzazione con il flash, che risultava problematica a tempi rapidi a causa del movimento progressivo dell’otturatore attraverso il fotogramma.
La Goltz & Breutmann scelse di specializzarsi nella produzione di fotocamere dotate di otturatore a tendina, sviluppando un know-how specifico che permise all’azienda di eccellere in questo settore tecnico particolare. Gli otturatori a tendina in tessuto sviluppati dall’azienda erano noti per l’affidabilità e la precisione, raggiungendo velocità di sincronizzazione con il flash elettronico notevoli per l’epoca. Il tessuto utilizzato per le tendine era scelto con estrema cura per garantire contemporaneamente leggerezza, resistenza all’usura e completa opacità alla luce.
Il sistema di otturazione a tendina delle fotocamere Mentor era costituito da due rulli paralleli, tra i quali era teso il tessuto dell’otturatore. Una molla, caricata manualmente tramite una leva esterna, forniva l’energia necessaria per il movimento delle tendine durante lo scatto. Un sistema di freni e regolatori di velocità, calibrati con precisione, permetteva di ottenere tempi di posa costanti e ripetibili. Questa complessità meccanica richiedeva una lavorazione di alta precisione e rappresentava una sfida costruttiva notevole, che la Goltz & Breutmann affrontò con successo, sviluppando soluzioni tecniche innovative.
Un aspetto particolarmente interessante della produzione della Goltz & Breutmann è l’applicazione dell’otturatore a tendina anche a modelli di fotocamera che tipicamente ne erano privi. L’esempio più emblematico è rappresentato dalla Mentorett del 1936, una fotocamera biottica (TLR) dotata, contrariamente alla prassi costruttiva dell’epoca, di otturatore sul piano focale. Le fotocamere biottica tradizionali, come la celebre Rolleiflex, erano tipicamente equipaggiate con otturatori centrali, più semplici da sincronizzare con il flash e meno costosi da produrre. La scelta di applicare un otturatore a tendina a una TLR rappresentava quindi un’innovazione significativa, che combinava la semplicità d’uso tipica delle biottica con le prestazioni superiori in termini di tempi di scatto dell’otturatore a tendina.
L’Epoca d’Oro e l’Espansione dell’Azienda (1921-1929)
Il periodo compreso tra il 1921 e il 1929 rappresentò l’epoca d’oro per la Goltz & Breutmann, un momento di significativa espansione e consolidamento della posizione dell’azienda nel mercato fotografico internazionale. Questo arco temporale, che coincide con gli anni della Repubblica di Weimar, fu caratterizzato da un progressivo miglioramento delle condizioni economiche in Germania dopo le difficoltà del primo dopoguerra, creando un contesto favorevole allo sviluppo industriale e all’innovazione tecnologica1.
Nel 1921, come già accennato, l’azienda adottò ufficialmente la denominazione Mentor Kamerafabrik Goltz & Breutmann, sancendo l’identificazione dell’impresa con il suo prodotto di punta. Questa scelta rifletteva una strategia di marketing volta a rafforzare l’identità del marchio e a sfruttare la reputazione di qualità e affidabilità già guadagnata dalle fotocamere Mentor negli anni precedenti. Il cambio di denominazione coincise con un ampliamento della gamma produttiva e con un rafforzamento della presenza commerciale sia sul mercato interno tedesco che sui mercati esteri.
Sotto la guida di Gustav Adolf Heinrich, l’azienda implementò una strategia di crescita strutturata, basata su alcuni pilastri fondamentali: l’innovazione tecnica continua, il mantenimento di elevati standard qualitativi, l’ampliamento della gamma produttiva e lo sviluppo di una rete distributiva efficiente. Questo approccio permise alla Mentor Kamerafabrik di crescere costantemente fino a raggiungere, nel 1929, una dimensione considerevole per l’epoca, con circa 180 dipendenti. Sebbene questa cifra possa apparire modesta se confrontata con i giganti dell’industria fotografica tedesca come Zeiss Ikon, Voigtländer o Leitz, rappresentava comunque una realtà produttiva di media dimensione, capace di competere efficacemente in segmenti di mercato specifici grazie alla specializzazione e all’eccellenza tecnica.
La produzione della Mentor Kamerafabrik in questo periodo si concentrò su due linee principali: le fotocamere reflex e le fotocamere folding a struttura rigida. Entrambe le tipologie erano disponibili in diversi formati, dal 6,5 x 9 cm fino al prestigioso 13 x 18 cm, permettendo all’azienda di soddisfare le esigenze di diverse categorie di fotografi professionisti. Le fotocamere erano caratterizzate da un’elevata qualità costruttiva, con corpi in legno pregiato, finiture metalliche accurate e meccanismi di precisione, assemblati con standard qualitativi rigorosi.
Un aspetto significativo della strategia produttiva della Mentor Kamerafabrik era l’utilizzo di componenti ottici di alta qualità, provenienti da produttori specializzati. Le fotocamere Mentor potevano essere equipaggiate con obiettivi di prestigiosi costruttori tedeschi come Zeiss, Goerz o Meyer, permettendo ai fotografi di scegliere la soluzione ottica più adatta alle proprie esigenze specifiche. Questa collaborazione con i migliori produttori ottici dell’epoca contribuiva ulteriormente alla reputazione di eccellenza delle fotocamere Mentor.
Nel 1925, l’azienda introdusse un nuovo modello destinato a diventare uno dei più significativi della propria produzione: la Mentor Reflex 9×9 cm. Si trattava di una fotocamera reflex monoobiettivo di formato quadrato, dotata di otturatore a tendina meccanico sul piano focale e progettata per l’utilizzo di pellicola piana (sheet film). Il modello era equipaggiato con un obiettivo con apertura massima di f/6.8 e lunghezza focale di 240 mm, con messa a fuoco manuale. La robustezza costruttiva e le prestazioni tecniche di questo apparecchio lo resero particolarmente apprezzato dai fotografi professionisti, contribuendo significativamente al successo commerciale dell’azienda in questo periodo.
La Mentor Kamerafabrik non si limitò a produrre fotocamere standard ma sviluppò anche modelli specialistici per applicazioni particolari. Un esempio interessante è rappresentato dalla versione stereo della Spiegel Reflex Kamera, una fotocamera capace di realizzare fotografie tridimensionali grazie a un sistema che catturava simultaneamente due immagini leggermente sfalsate, riproducendo il principio della visione binoculare umana. La fotografia stereoscopica godeva all’epoca di una notevole popolarità, sia come forma di intrattenimento domestico che per applicazioni scientifiche e documentaristiche, e la versione stereo della Spiegel Reflex rappresentava una soluzione tecnica avanzata in questo campo.
L’espansione dell’azienda in questo periodo favorevole fu sostenuta anche da un’efficace strategia di marketing e distribuzione. La Mentor Kamerafabrik partecipava regolarmente alle principali fiere fotografiche internazionali, presentando le proprie novità e consolidando la rete di contatti commerciali. L’azienda sviluppò anche materiale pubblicitario sofisticato, come testimoniano le inserzioni pubblicate su riviste specializzate dell’epoca. Un esempio significativo è la pubblicità apparsa su Asahi Camera nel marzo 1928, che illustra dettagliatamente le caratteristiche della Klapp-Reflex del 1925 e di altri modelli, evidenziando l’attenzione dell’azienda per il mercato giapponese, già all’epoca molto ricettivo verso la tecnologia fotografica tedesca.
A Dresda, la Mentor Kamerafabrik si inseriva in un contesto industriale estremamente dinamico e specializzato. La città sassone rappresentava infatti il cuore dell’industria fotografica tedesca, ospitando numerose aziende del settore come Balda, Certo, Ernemann, ICA, Ihagee e molte altre. Questa concentrazione geografica facilitava lo scambio di conoscenze tecniche, la disponibilità di manodopera specializzata e l’accesso a una rete di fornitori di componenti, creando un ecosistema industriale estremamente favorevole all’innovazione e alla competitività.
Il Declino e la Trasformazione: Dalla Crisi del 1929 all’Era VEB Mentor
La brillante traiettoria di crescita della Mentor Kamerafabrik subì una brusca interruzione con la crisi economica mondiale del 1929. Il crollo di Wall Street e la successiva Grande Depressione ebbero effetti devastanti sull’economia tedesca, già provata dagli oneri della riparazione post bellica, innescando una spirale recessiva che colpì duramente anche il settore dell’industria fotografica1. Per la Mentor Kamerafabrik, questo momento segnò l’inizio di una fase di progressivo declino, che si sarebbe protratta negli anni successivi nonostante i tentativi di rilancio e le trasformazioni aziendali.
La crisi economica provocò un drastico calo della domanda di fotocamere professionali, che rappresentavano il core business dell’azienda. I fotografi professionisti, principali acquirenti delle Mentor, furono costretti a ridurre gli investimenti in attrezzature a causa della contrazione del mercato pubblicitario e commerciale. Parallelamente, anche il segmento amatoriale di fascia alta, che costituiva un mercato secondario ma significativo per l’azienda, subì una forte contrazione. La combinazione di questi fattori determinò una significativa riduzione del fatturato e la necessità di ridimensionare la struttura produttiva e l’organico dell’azienda.
La situazione venne ulteriormente aggravata dalla morte di Gustav Adolf Heinrich nel 19351. Heinrich aveva rappresentato la vera anima imprenditoriale dell’azienda, guidandola con visione strategica e competenza tecnica attraverso le fasi di espansione. La sua scomparsa creò un vuoto di leadership difficile da colmare, proprio in un momento in cui sarebbe stata necessaria una guida forte per affrontare le crescenti difficoltà. Gli eredi e i manager che presero il controllo dell’azienda dopo la sua morte si trovarono a gestire una situazione complessa, in un contesto politico ed economico sempre più problematico con l’ascesa del regime nazista e le sue politiche di riarmo e controllo dell’economia.
Nonostante queste difficoltà, l’attività produttiva proseguì e l’azienda cercò di adattarsi alle mutate condizioni di mercato. Nel 1936 venne progettata la Mentorett, una biottica innovativa dotata di otturatore sul piano focale. Questa fotocamera rappresentava un tentativo di diversificazione della gamma produttiva, entrando nel segmento delle TLR che all’epoca stava guadagnando popolarità grazie al successo di modelli come la Rolleiflex. La peculiarità della Mentorett, rispetto alle altre biottica sul mercato, consisteva nell’utilizzo dell’otturatore a tendina, tipica specializzazione della Mentor, in luogo del più comune otturatore centrale. Questa caratteristica tecnica distintiva permetteva di ottenere tempi di posa più rapidi, mantenendo al contempo i vantaggi della configurazione TLR in termini di facilità d’uso e ridotte vibrazioni durante lo scatto.
Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale nel 1939 segnò un ulteriore punto di svolta nella storia dell’azienda. Come era già avvenuto durante il primo conflitto mondiale, anche in questa occasione la produzione venne probabilmente riconvertita verso applicazioni militari, in particolare nel campo della fotografia aerea e di ricognizione. Le informazioni specifiche su questa fase sono scarse, ma è noto che l’industria fotografica tedesca venne pesantemente coinvolta nello sforzo bellico, con molte aziende costrette a interrompere o ridurre drasticamente la produzione civile a favore di quella militare.
Nel 1944, quando ormai l’esito del conflitto appariva segnato e la situazione economica della Germania era drammatica, la Mentor Kamerafabrik versava in condizioni critiche. In questo frangente, Rudolf Großer, un tecnico proveniente dall’azienda A. Noble, rilevò la società e tentò di riavviare l’attività con un organico ridotto a soli 15 dipendenti. Si trattava di un tentativo coraggioso ma disperato, in un contesto di devastazione e incertezza. Il tentativo di Großer si infranse tragicamente nel febbraio 1945, quando la città di Dresda fu sottoposta a uno dei più devastanti bombardamenti della guerra, che distrusse completamente lo stabilimento della Mentor insieme a gran parte del centro storico della città.
Sorprendentemente, nonostante questa catastrofe, la Mentor riuscì a sopravvivere al conflitto. Nel dopoguerra, in un contesto di estrema difficoltà ma anche di grande determinazione alla ricostruzione, l’azienda riprese gradualmente l’attività produttiva. Trovandosi nel settore orientale della Germania, occupato dall’Unione Sovietica, la Mentor operò inizialmente in un’economia mista, mantenendo una struttura proprietaria privata pur in un contesto politico che si orientava progressivamente verso il modello socialista.
La produzione del dopoguerra si concentrò principalmente sulle fotocamere di grande formato, un segmento di mercato in cui l’azienda poteva sfruttare la propria esperienza storica e che, pur rappresentando una nicchia, garantiva margini sufficienti a sostenere l’attività. Le condizioni operative rimanevano comunque difficili, con carenze di materie prime, difficoltà negli approvvigionamenti e limiti al commercio internazionale imposti dalla “cortina di ferro” che progressivamente separava la Germania Est dal blocco occidentale.
Il processo di trasformazione dell’assetto proprietario dell’azienda si completò nel 1972, quando la Mentor venne nazionalizzata dal governo della Repubblica Democratica Tedesca, assumendo la denominazione di VEB Mentor Großformatkameras Dresden (Impresa di Proprietà Popolare Mentor Fotocamere di Grande Formato Dresda). Al momento della nazionalizzazione, l’azienda contava 21 dipendenti, una dimensione molto ridotta rispetto ai fasti del periodo pre-crisi, ma comunque significativa nel contesto dell’industria fotografica specialistica dell’epoca.
Come VEB Mentor, l’azienda continuò a produrre fotocamere di grande formato, mantenendo standard qualitativi elevati nonostante le limitazioni imposte dal sistema economico pianificato. La qualità della produzione era sostenuta dalla tradizione artigianale e dall’esperienza tecnica accumulata nei decenni precedenti, che costituivano un patrimonio di conoscenze prezioso anche nel nuovo contesto organizzativo. Le fotocamere VEB Mentor trovarono mercato principalmente nei paesi del blocco socialista, ma in misura limitata anche nei paesi occidentali, dove erano apprezzate per il favorevole rapporto qualità-prezzo.
Il capitolo finale della storia della Mentor si scrisse nel 1980, quando l’azienda venne incorporata nella VEB Pentacon, il grande combinat che riuniva gran parte dell’industria fotografica della Germania Est. Questa fusione segnò la fine dell’autonomia produttiva e commerciale della Mentor, la cui tradizione tecnica e il cui know-how vennero assorbiti nella più ampia struttura industriale di stato.
La Pentacon stessa avrebbe poi cessato di esistere dopo la riunificazione tedesca del 1990, quando il crollo del sistema economico della Germania Est e l’apertura alla concorrenza internazionale portarono alla chiusura di gran parte delle industrie dell’ex-DDR, incapaci di competere in un mercato aperto e globalizzato. Con la fine della Pentacon si concluse definitivamente anche la storia della Mentor, che in oltre 80 anni di esistenza aveva attraversato due guerre mondiali, crisi economiche, cambiamenti politici radicali e trasformazioni tecnologiche profonde, mantenendo sempre una propria identità distintiva nel panorama dell’industria fotografica.